Giovanni XXIII: mons. Beschi (Bergamo), “ha saputo parlare all’umanità”

foto SIR/Marco Calvarese

“La nostra gente ha sempre avuto, e continua ad avere, con Papa Giovanni un rapporto profondo, ma non superficiale”. Mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, spiega così – in un’intervista al Sir – il successo della “Peregrinatio” dell’urna con le spoglie mortali di San Giovanni XXIII verso la terra bergamasca, che terminerà domani con la messa presieduta a Sotto il Monte dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, prima del rientro, il 10 giugno, in Vaticano. La familiarità con “il Papa buono” deriva dalla consapevolezza di aver ricevuto tra di noi un dono che è da tutti ritenuto un patrimonio prezioso: la sua fede, la sua famiglia, i valori contadini, la sua attività di parroco hanno lasciato un segno indelebile nella vita e nei ricordi di tutti. È qui, in questi luoghi, che si ritrovano le ragioni profonde che hanno ispirato la testimonianza di Angelo Maria Roncalli”. “Quando le persone vengono qui a venerarne le spoglie mortali – spiega il presule – lo fanno per rendere omaggio ad un Papa che è stato capace di parlare all’umanità. Noi tutti lo chiamiamo ‘il Papa buono’: credo che le ragioni profonde della sua bontà vadano anzitutto ricercate nella capacità di interloquire con la persona nella sua singolarità, con la Chiesa e con ogni uomo e donna di buona volontà. In Papa Giovanni la bontà si rivelava, anzitutto, nella dote di far emergere il bene in ogni persona”. Papa Giovanni, per Beschi, “era fortemente legato a Bergamo e a Sotto il Monte, ma nello stesso tempo è stato un uomo che non soltanto con il Concilio, ma in tutta la sua vita ha continuamente aperto porte nuove, a volte anche sconvolgenti per la storia di allora”.

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