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Sud Sudan: Latansio (Consiglio Chiese cristiane) su accordo cessate il fuoco, “mettano in atto ciò che hanno firmato”

Le Chiese sud sudanesi hanno accolto con favore la firma di un accordo di cessate il fuoco permanente da parte dei principali rivali, pur ammonendo che molti altri patti di questo tipo sono stati disonorati. Al termine di numerosi giorni di trattative prima in Etiopia e poi in Sudan è arrivato l’accordo tra il presidente Salva Kiir e il suo rivale Riek Machar per porre fine alla guerra in Sud Sudan. Un conflitto che dal 2013 a oggi ha causato oltre 100mila vittime e costretto alla fuga più di 2 milioni di persone. Cruciale nelle trattative il ruolo dei presidenti di Sudan, Omar al-Bashir, e Uganda, Yoweri Museveni.

Il presidente Salva Kiir e Riek Machar hanno firmato l’accordo di dichiarazione a Khartoum il 27 giugno, suscitando attese di speranza per la fine del conflitto. “L’intenzione e la volontà sono positive”, commenta il rev. James Oyet Latansio, segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan (Sscc), raggiunto telefonicamente dal Wcc. “La nostra speranza e la nostra preghiera è che mettano in atto ciò che hanno firmato. Ci sono molti accordi che sono stati firmati, ma non sono stati rispettati”. E aggiunge: “Hanno fermato lo sparo delle pistole. Ed è quello che chiedevamo. Devono anche fermare ogni tipo di scontri”. Secondo quanto fa sapere il Wcc, il cessate il fuoco inizia il 30 giugno. Subito dopo aver ottenuto  l’indipendenza nel 2011, cinque anni di guerra civile hanno lasciato il governo sud sudanese in bancarotta.

Dal 2016, l’inflazione ha raggiunto il 500%. La guerra ha colpito tutti i settori, in modo particolare la produzione agricola, provocando una crisi alimentare senza precedenti. Nel 2017 la carestia ha colpito la popolazione e quest’anno, secondo l’Onu, 7 milioni di persone necessiteranno di aiuti alimentari. I leader delle Chiese dicono di accogliere i colloqui e qualsiasi accordo, ma avvertono che al conflitto partecipano molti gruppi e attori. E affermano quanto già ribadito a un incontro con le Nazioni Unite, e cioè che “un accordo politico tra i due leader non risolverà il conflitto senza affrontare le cause alla radice. Ribadiamo – scrivono le Chiese – la nostra offerta di convocare i dialoghi di un Forum neutrale in base alla nostra dichiarazione di intenti del giugno 2015″. Le Chiese sono in prima linea nel soccorrere le comunità colpite dalla guerra con aiuti e sostegno pastorale. Chiedono la distruzione delle armi e l’accesso ai corridoi umanitari.

Nel documento co-firmato dai due leader, si dice che “le misure di sicurezza che saranno adottate mireranno a costruire un esercito nazionale con un carattere onnicomprensivo che sia libero da tribalismo e appartenenza etnica”. Altri punti chiave sono il disarmo dei civili e la ricostruzione delle infrastrutture distrutte dalla guerra. Le parti lavoreranno anche per riabilitare i campi petroliferi per la ripresa e il ripristino della produzione ai livelli precedenti.

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