Spagna: mons. Hernandez (Valencia), “i centri di detenzione per migranti sono il fallimento delle politiche”

A sinistra mons. Olbier Hernandez Carbonell, delegato episcopale per le migrazioni, arcidiocesi di Valencia (foto: A.Saiz)

(da Valencia) – I Cie spagnoli per i rimpatri “rappresentano il fallimento della politica migratoria: dovrebbero esserci più centri di accoglienza che di detenzione”. Lo afferma al Sir è mons. Olbier Hernandez Carbonell, delegato episcopale per le migrazioni dell’arcidiocesi di Valencia, in una riflessione all’indomani dello sbarco dei 630 migranti della nave Aquarius a cui è stato negato l’approdo in Italia. 42 migranti saranno accolti dalle strutture dell’arcidiocesi di Valencia. Un problema scottante che riguarda infatti la Spagna sono i “Centros de internamiento de extranjeros” (Cie) dove vengono detenuti i migranti irregolari in attesa del rimpatrio. In Spagna ci sono solo 4 centri di accoglienza per rifugiati ma 7 Cie, soprattutto alla frontiera Sud dove i controlli sono serratissimi. Secondo l’ultimo rapporto della Sjm dei gesuiti spagnoli, che denunciano “troppa sofferenza”, in quei centri nel 2017 sono stati rinchiusi 8.814 persone, tra cui 396 donne e 48 minorenni. Sono soprattutto algerini (31%), marocchini (18%) e ivoriani (13,78%). In totale, negli anni, sono state detenute 18.794 persone migranti, avviati 21.834 procedimenti di espulsione. 9.326 persone sono state rimpatriate, spesso in tempi rapidissimi e senza le necessarie garanzie per consentire ai più vulnerabili e a chi ne ha diritto di chiedere asilo, come denuncia l’Ong dei gesuiti.  “La legislazione spagnola ed europea deve cambiare – sottolinea mons. Hernandez -, con programmi di accoglienza e integrazione per permettere ai migranti una vita degna ma anche aiutandoli veramente – e non per altri interessi come accade ora – nei Paesi di provenienza”. Il problema, a suo avviso, è che in Spagna “non ci sono validi programmi di integrazione” o comunque ce ne sono pochi e limitati. Tutto è in mano alle Ong, alle Caritas e alla società civile organizzata, che oramai “è satura”. La Caritas di Valencia e la delegazione per le migrazioni hanno un progetto congiunto di accoglienza ai rifugiati “En casa hay sitio para un hermano mas” (In casa c’è posto per un fratello in più), realizzato insieme ai gesuiti.  Al momento accolgono più di 100 rifugiati in appartamenti indipendenti. Lo scorso anno ne hanno assistiti, con servizi vari, circa 25.000, il 48% del totale degli “utenti” Caritas.

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