Papa a Ginevra: messa a Palaexpo, “nessuno di noi è figlio unico, ogni essere umano ci appartiene”. No a “indifferenza” verso bambino non nato, anziano, scartato

“Padre, pane, perdono”. Sono le tre parole su cui il Papa ha incentrato l’omelia della Messa al Palaexpo di Ginevra, tappa conclusiva del suo pellegrinaggio ecumenico. “Solo dicendo Padre preghiamo in lingua cristiana, preghiamo in cristiano”, ha ricordato Francesco: “Non un Dio generico, ma Dio che è anzitutto papà. Da lui discende ogni paternità e maternità. In lui è l’origine di tutto il bene e della nostra stessa vita”. “Padre nostro”, allora, “è la formula della vita, quella che rivela la nostra identità: siamo figli amati. È la formula che risolve il teorema della solitudine e il problema dell’orfanezza. È l’equazione che indica cosa fare: amare Dio, nostro Padre, e gli altri, nostri fratelli. È la preghiera del noi, della Chiesa; una preghiera senza io e senza mio, tutta volta al tu di Dio e che si coniuga solo alla prima persona plurale”. “Padre nostro”, due parole che “ci offrono la segnaletica della vita spirituale”, ha spiegato il Papa, secondo il quale “ogni volta che facciamo il segno della croce all’inizio della giornata e prima di ogni attività importante, ogni volta che diciamo ‘Padre nostro’, ci riappropriamo delle radici che ci fondano. Ne abbiamo bisogno nelle nostre società spesso sradicate”. Il “Padre nostro”, per Francesco, “rinsalda le nostre radici”: “Quando c’è il Padre, nessuno è escluso; la paura e l’incertezza non hanno la meglio. Riemerge la memoria del bene, perché nel cuore del Padre non siamo comparse virtuali, ma figli amati. Egli non ci collega in gruppi di condivisione, ma ci rigenera insieme come famiglia”. “Non stanchiamoci di dire ‘Padre nostro’”, l’invito ai presenti: “Ci ricorderà che non esiste alcun figlio senza Padre e che dunque nessuno di noi è solo in questo mondo. Ma ci ricorderà pure che non c’è Padre senza figli: nessuno di noi è figlio unico, ciascuno si deve prendere cura dei fratelli nell’unica famiglia umana”. Dicendo “Padre nostro”, inoltre, “affermiamo che ogni essere umano ci appartiene, e di fronte alle tante cattiverie che offendono il volto del Padre, noi suoi figli siamo chiamati a reagire come fratelli, come buoni custodi della nostra famiglia, e a darci da fare perché non vi sia indifferenza nei riguardi del fratello, di ogni fratello: del bambino che ancora non è nato come dell’anziano che non parla più, del conoscente che non riusciamo a perdonare come del povero scartato. Questo il Padre ci chiede, ci comanda: di amarci con cuore di figli, che sono tra loro fratelli”.

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