Commercio: Oxfam, “povertà e disuguaglianza sugli scaffali dei supermercati”

Milioni di donne e di uomini che ogni giorno lavorano in tutto il mondo e in Italia per portare il cibo sulle nostre tavole sono intrappolati nel circolo vizioso della povertà, vittime spesso di condizioni di lavoro disumane, a dispetto dei profitti multimiliardari generati dall’industria alimentare. È quanto denuncia Oxfam, che oggi ha pubblicato il nuovo rapporto “Maturi per il cambiamento”. Lo studio analizza le politiche di alcune tra le maggiori catene di supermercati in Europa e negli Stati Uniti, che stentano ad adottare pratiche commerciali più eque nei confronti di piccoli produttori e lavoratori agricoli lungo le loro filiere di approvvigionamento. Dallo studio emerge che i supermercati trattengono una quota crescente del prezzo pagato dai consumatori (in alcuni casi fino al 50%), mentre quella destinata a lavoratori e produttori è spesso pari a meno del 5%. I piccoli coltivatori e i lavoratori, inoltre, nella stragrande maggioranza dei casi vivono in povertà: è quanto emerge dall’analisi della filiera di 12 prodotti comunemente presenti nei supermercati di tutto il pianeta. Per alcuni, come i produttori su piccola scala di tè indiano o di fagiolini verdi del Kenya, ad esempio, il guadagno medio è pari a meno della metà di quanto sarebbe loro necessario per condurre una vita dignitosa. Per le donne produttrici questo divario risulta maggiore. A fronte di tutto ciò, nel 2016 le prime otto catene di supermercati Usa, quotati in borsa, hanno incassato quasi 1.000 miliardi di dollari, generando 22 miliardi di profitti e restituendo 15 miliardi agli azionisti. “Solo il 10% dei dividendi distribuiti dalle tre maggiori catene di supermercati negli Stati Uniti nel 2016 – afferma Oxfam -, basterebbe a garantire un salario minimo a 600 mila lavoratori tailandesi nel settore della trasformazione dei gamberetti”.

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