Sull’ultimo gommone partito dalla Libia erano saliti in più di cento, ma di loro soltanto 41 sono arrivati in Italia. È la drammatica cronaca dell’ultimo naufragio che si è consumato nel Mediterraneo. A darne testimonianza è l’équipe di psicologi e mediatori culturali di Medici senza frontiere (Msf) che ha fornito primo soccorso psicologico alle persone soccorse nove giorni fa dalla Nave Diciotti e approdate ieri notte a Pozzallo. “Non avevo mai visto occhi così impauriti e traumatizzati ad uno sbarco – racconta Teo di Piazza, coordinatore dell’équipe psicologica di Msf in Sicilia –. Le persone erano senza forze. Dopo essere sopravvissuti al naufragio e aver visto morire compagni di viaggio e familiari, sono stati costretti a trascorrere nove lunghissimi giorni in mare e a sbarcare in piena notte, quando erano già molte ore che la nave si trovava in acque italiane, senza una destinazione assegnata. Alcuni di loro ci hanno detto che questo viaggio è sembrato durare un anno. Hanno solo bisogno di aiuto e di un po’ di umanità”. Nella Giornata mondiale del rifugiato, Msf ricorda che “rifugiati, richiedenti asilo, migranti, sono in primo luogo persone, sopravvissute a situazioni drammatiche, a cui va garantito un porto sicuro nel più breve tempo possibile, assistenza, beni essenziali e condizioni dignitose, oltre alla possibilità di richiedere protezione”.