Enti ecclesiastici: Perrone (Univ. Cattolica), “riforma è rischio, costo e opportunità. Non esiste soluzione ottimale, valutare caso per caso”

“Se si guarda con attenzione, per gli enti ecclesiastici la riforma del Terzo settore è al contempo un rischio, un costo e un’opportunità”. Ne è convinto Andrea Perrone, ordinario di diritto commerciale all’Università Cattolica, intervenuto al convegno “Enti ecclesiastici e riforma del Terzo settore” in corso oggi, a dieci mesi dall’entrata in vigore (3 agosto 2017) del Codice del Terzo settore (Cts), per iniziativa del Centro studi sugli enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro (Cesen) dell’Ateneo. “O si è dentro o si è fuori”, afferma con una battuta per spiegare il rischio, sottolineando che “l’etichetta di Ets (Ente Terzo settore, ndr) o di impresa sociale” potrà essere sempre più importante nei rapporti con la Pubblica amministrazione o con i donatori privati. Ma, avverte, “adeguarsi alla nuova normativa comporta dei costi: oneri economici diretti da sostenere oltre a costi indiretti perché alcune norme comportano scelte che possono essere problematiche rispetto alla disciplina canonica”. L’opportunità consiste nel fatto che “l’equiparazione con gli enti del Terzo settore si gioca fondamentalmente sugli assetti organizzativi, si tratta di capire come organizzare gli enti ecclesiastici in modo più efficiente di quando non sia stato fatto”. Costituire un “ramo Ets” o un “ramo impresa sociale” all’interno dell’ente ecclesiastico, spiega, comporta una pluralità di costi e benefici. Il “ramo Ets” consente di “conseguire i benefici del regime promozionale per gli Ets e a al tempo stesso di mantenere la specificità dell’ente ecclesiastico. Impone però, tra le altre cose, costi di costituzione e gestione ordinaria”. Una soluzione alternativa “potrebbe essere allora la configurazione dell’ente ecclesiastico come gruppo ampliando agli enti ecclesiastici il modello delle società con un ente capogruppo di una serie di enti controllati da questo stesso ente. Una struttura a grappolo”. “Non esistono – conclude Perrone – soluzioni ottimali a priori: bisogna avere in mente le specificità del singolo ente e in base a quelle valutare ogni singolo modello”.

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