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Usa: card. Tobin (Newark), delegazione di vescovi al confine con il Messico “per ispezionare le strutture di detenzione dove vengono tenuti i bambini”

(da New York) Il primo giorno della sessione di primavera della Conferenza episcopale statunitense che si sta tenendo in Florida è cominciata all’insegna delle politiche migratorie e del ruolo dei cristiani e dei vescovi in questo particolare momento storico per gli Usa. A seguito dell’intervento del presidente dei vescovi Daniel DiNardo e della presa di posizione della Conferenza dei vescovi, il card. Joseph W. Tobin della diocesi Newark, in New Jersey, ha dichiarato che “osservando la nuova politica attuata ai confini assistiamo ad una cardiosclerosi, ad un indurimento del cuore americano e ad un pressante invito ad indurire ulteriormente i nostri cuori”. Tobin ha suggerito all’assemblea di inviare una delegazione di vescovi al confine “per ispezionare le strutture di detenzione dove vengono tenuti i bambini, come segno della nostra preoccupazione pastorale e della nostra protesta”. La proposta ha ricevuto il plauso di parecchi vescovi che hanno aggiunto la necessità di coinvolgere maggiormente i membri del Congresso nello stilare una riforma globale sull’immigrazione e sui cosidetti “dreamers”, gli 800mila giovani adulti che sono stati portati negli Stati Uniti come bambini e che vivono da mesi in un limbo in attesa che una norma restituisca a loro uno status di residenza legale. Il vescovo John E. Stowe di Lexington, in Kentucky, chiede impegno nella speciale cura pastorale dei funzionari dell’immigrazione, alcuni dei quali hanno espresso la loro obiezione di coscienza di fronte all’attuazione “di politiche ingiuste”. Il cardinale di Boston, Sean O’Malley, pur consapevole che il processo di governo delle migrazioni è complesso e impegnativo ricorda che il cuore di queste politiche sono “le persone, giovani e anziani, da soli o in famiglia, spesso spaventati e abbandonati. La politica dell’immigrazione è una questione morale che non può essere separata dalle decisioni di ciò che è giusto e sbagliato, perché riguarda il rispetto e la dignità della persona umana”.

Il cardinale continua spiegando che nonostante la sfida migratoria sia crescente, “il nostro governo ha stabilito una politica che è in linea di principio e in pratica ostile ai bambini e alle famiglie che fuggono dalla violenza documentata, dalle bande di malviventi e dalla povertà” che affliggono soprattutto l’America centrale. O’Malley, per rafforzare la sua dichiarazione, elenca le decisioni dell’amministrazione statunitense: limitare il numero di rifugiati e immigrati da accogliere; la fine dello stato di protezione temporanea per le famiglie che sono qui da anni e il rifiuto di ripristinare il Daca, programma di protezione di coloro che sono arrivati bambini negli Usa al seguito di genitori entrati illegalmente. L’ultimo tentativo messo in atto, cioè separare i figli dai genitori per scoraggiare gli ingressi dal confine meridionale degli Usa, viene considerato dal vescovo “un punto critico” perché “i bambini vengono usati come pedine o deterrente contro gli immigrati e per scoraggiarli si taglia il più sacro vincolo umano, quello che lega genitore e figlio: questo è un fatto moralmente inaccettabile”. Il presule di Boston ha concluso dicendo: “Come vescovo cattolico, sostengo l’autorità politica e legale del Paese e ho sempre insegnato il rispetto per la legge civile e continuerò a farlo, ma non posso tacere quando la politica migratoria distrugge le famiglie, traumatizza i genitori e terrorizza i bambini. Questa politica va fermata”. Intanto uno dei vescovi presenti ha chiesto la possibilità di applicare “sanzioni canoniche” ai cattolici che cooperano con politiche di immigrazione ingiuste.

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