Conte ad Amatrice: mons. Pompili (Rieti), “ricostruzione test significativo per avvertire il cambiamento. Tre urgenze: infrastrutture, lavoro e beni culturali”

Infrastrutture, lavoro e beni culturali: sono queste le tre “questioni” che il vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili, ha sottoposto al neo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, durante la sua visita di ieri alle zone terremotate del Centro Italia. “La ricostruzione e il post terremoto sarà un test significativo per avvertire il cambiamento” ha detto mons. Pompili salutando il premier al suo arrivo ad Amatrice, nei pressi dello scheletro della chiesa di sant’Agostino, non distante dal parco comunale, dove Conte ha deposto un cuscino di fiori ai piedi della lapide commemorativa delle vittime del sisma. “Ho detto grazie al premier – afferma il vescovo di Rieti raccontando al Sir dell’incontro avuto – per aver scelto, nella sua prima uscita pubblica, le zone terremotate del Centro Italia. Era necessario richiamare attenzione verso questa nostra condizione che è uscita dall’emergenza delle casette e della rimozione delle macerie ed è entrata in quella nuova della ricostruzione”. “Al premier – spiega mons. Pompili – ho sottoposto le tre questioni che, a mio parere, vanno affrontate con urgenza: le infrastrutture, in particolare la via Salaria, nodo viario importante che può permetterci di uscire dall’isolamento in un contesto rappresentato da una zona di confine di quattro Regioni”. Altra priorità è “il lavoro per quelli che sono nelle casette. Ci sono persone che sono tornate coraggiosamente ma che non hanno di che lavorare e mi riferisco ad artigiani, carpentieri e via dicendo. La ricostruzione, ho detto al premier, non può non tenere presente la condizione di chi vive nelle casette altrimenti si ricostruirà ma non si sa bene per chi. Il pericolo ora è che se ne vadano anche queste famiglie oltre a quelli che sono già partiti. Settembre sarà un mese chiave per capire chi ha veramente deciso di restare o di emigrare altrove”. Terza questione: “La tutela, il restauro e la conservazione dei beni culturali che sono la memoria di questi territori. Servono procedure trasparenti ma snelle”. “Siamo alla terza visita in poco meno di due anni di un premier, dopo Renzi e Gentiloni, in queste zone terremotate – aggiunge mons. Pompili -. Sono il segno di un tempo lungo caratterizzato da lentezze burocratiche e procedurali e stanno anche a significare che il terremoto non può essere legato ad una parte politica, ma è un problema che riguarda lo Stato e il Paese nel suo insieme. Il fatto che dal premier Conte non siano arrivate promesse roboanti – conclude il vescovo – è un atto di realismo a condizione che alle parole seguano i fatti”.

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