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“Noi vescovi condanniamo tutti questi atti di repressione da parte di gruppi vicini al Governo e vogliamo mettere in chiaro che non si può riaprire il tavolo del dialogo nazionale mentre si continua a negare al popolo del Nicaragua il diritto a manifestare liberamente, e si continua a reprimere e a uccidere”. Così si esprime in una nota diffusa ieri la Conferenza episcopale nicaraguense, in seguito alle nuove repressioni di mercoledì scorso.
Le forze speciali a Managua hanno aperto il fuoco contro la manifestazione promossa dalle mamme delle vittime delle repressioni dello scorso aprile. Secondo il Cenidh, il Centro nicaraguense per i diritti umani, che ieri ha trasmesso una nota, le vittime sono state 6, tra cui un ragazzo di 15 anni; i feriti 47. Altra violenza si è registrata nella città di Estelí (4 morti e 32 feriti) e Masaya (un morto). Ieri alcuni feriti sono deceduti e il bilancio è salito a 15 vittime, che portano l’elenco ufficioso di questo mese e mezzo di proteste a 105 morti.
I vescovi parlano di “violenza inumana” e condannano “energicamente tutti questi fatti violenti contro l’esercizio della libera manifestazione pacifica”, portati avanti attraverso “questa aggressione organizzata e sistematica contro il popolo”.