Fake news: Ceretti (Unibz e Pul), “da custodi della notizia a custodi dell’umanità mediale”

Passare dall’essere custodi della notizia a custodi dell’umanità mediale. È la proposta che questa mattina Filippo Ceretti, docente di media education, teorie e sociologia dei media e della comunicazione all’Università di Bolzano e alla Pontificia Università Lateranense di Roma, ha fatto ai giornalisti che hanno partecipato a Trento al corso “La verità vi farà liberi”, organizzato dall’Ucsi di Trento e dall’Ufficio diocesani comunicazioni sociali in occasione della 52ª Giornata delle comunicazioni sociali. In un contesto mediatico sempre più popolato da fake news, Ceretti ha offerto una serie di proposte per affrontare il problema, partendo da come vengono concettualizzati oggi i media. “Se pensiamo ai media come strumenti mediali, la mente va subito ai device attraverso i quali vengono veicolate false informazioni – chiarisce -. In questa prospettiva per risolvere il problema è sufficiente eliminare gli strumenti. Possiamo però anche pensare ai media come ad un sistema, che ha una funzione all’interno della società. Dove collochiamo in questo caso le fake news? Esse sono un ‘pezzettino cattivo’ dentro questo sistema, che comunque funziona in un certo modo. Per superare il problema basta allora levarle”. Esiste un terzo modo di considerare il mondo dei media. “Essi possono essere visti come un ambiente mediale – spiega Ceretti -. In questa idea ecologica, le fake news sono un elemento ambientale che turba tutto l’ambiente e quindi tutto il sistema finisce per non funzionare più. Per risolvere il problema, si invoca in questo caso una reimpostazione di tutto il sistema”. Ma c’è ancora una quarta prospettiva. “Se partiamo dall’idea che i media siamo noi, non i sistemi e gli ambienti che abbiamo attorno, allora le fake news risultano essere la proiezione di un’umanità particolare”. Questa prospettiva apre la strada ad una lettura antropologica della comunicazione. “In questo senso le fake news acquistano un significato diverso – prosegue – non sono più qualcosa di strutturalmente anomalo, ma sono la proiezione dell’umanità. Il problema delle fake news diviene un problema di sostanza antropologica, di com’è l’umanità oggi”.

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