Nicaragua: Benavente Gómez (economista), “la Chiesa ha deciso di affrontare il rischio del dialogo per la pace della Nazione”

“Il dialogo è una grossa responsabilità per la Chiesa, ma l’episcopato ha deciso di affrontare il rischio che rappresenta il dialogo per cercare la pace della Nazione”. Lo spiega al Sir, in riferimento alla tesa situazione che sta vivendo il Nicaragua, l’economista nicaraguense Carlos Benavente Gómez, attivo in diverse organizzazioni della società civile e membro della Giunta direttiva della Rete latinoamericana sul debito, lo sviluppo e i diritti, nata in seno al Consiglio episcopale latinoamericano (Celam). Spiega Benavente: “Dopo quattro anni nei quali non ha neppure ascoltato le proposte della Conferenza episcopale del Nicaragua (Cen), Daniel Ortega – sotto pressione per le proteste durante giornate di grande tensione sociale, senza precedenti nell’ultimo decennio – ha accettato di promuovere un dialogo, invitando l’episcopato a essere mediatore e testimone. La proposta è stata accettata dai vescovi, i quali hanno però sottolineato di non poter assumere il ruolo di garanti”.
“Il 21 maggio 2014, quasi 4 anni fa, i vescovi si riunirono con Ortega nella nunziatura e gli consegnarono la loro lettera pastorale – ricorda -. Oltre a una serie di proposte sull’economia, la società, la politica, l’ambiente e la famiglia, fecero due proposte: la prima era l’avvio di un grande dialogo nazionale con tutti i settori della società, per stabilire un nuovo patto sociale che assicurasse al paese stabilità politica ed economica. La seconda proposta era una profonda riforma politica del sistema elettorale. Ortega non ha mai risposto”.
Secondo l’economista il documento della Conferenza episcopale “Alla ricerca di nuovi orizzonti per un Nicaragua migliore” e il Memorandum d’intesa tra il Segretariato generale dell’Organizzazione degli Stati americani e il governo della Repubblica del Nicaragua “sono due buoni punti di partenza nelle circostanze attuali. I testi di entrambi i documenti possono servire come base per identificare i punti all’ordine del giorno per il dibattito all’interno di un dialogo nazionale e dare loro la caratteristica di un’agenda programmatica”. Ma la richiesta di giustizia da parte delle famiglie dei morti, desaparecidos e feriti “è oggi la prima priorità. Un dialogo non può iniziare se i responsabili dei massacri dei giovani manifestanti e se le guide dei gruppi paramilitari che hanno provocato morti e saccheggi non vengono identificati. Per il futuro del Paese guardo con speranza a due movimenti: quello degli studenti e quello dei contadini. L’impresa privata, dal canto suo, dovrebbe cogliere l’occasione per abbandonare il ruolo di complice che per 11 anni ha mantenuto con il governo e il popolo nicaraguense in generale deve prepararsi a sostenere studenti e contadini in questa lunga e dolorosa lotta civica”.

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