Imprese sociali: rete R.I.U.S.E (Caritas Ambrosiana e Brescia), in 20 anni dalla raccolta di vestiti usati 3,1 milioni di euro reinvestiti in progetti sociali

(da Milano) “In venti anni di attività, le cooperative sociali della rete R.I.U.S.E. (Raccolta indumenti usati solidale ed etica) hanno reinvestito utili per un totale di 3,1 milioni di euro in progetti di solidarietà trasformando in valore quello che erano considerato uno scarto”. A dare i numeri è il direttore di R.I.U.S.E., Carmine Guanci, intervenuto quest’oggi all’interno del primo convegno internazionale della Rete che si è tenuto a Milano. Di R.I.U.S.E. fanno parte sette cooperative – sei legate alla Caritas Ambrosiana e una alla Caritas di Brescia – impegnate nella filiera del tessile usato. I progetti finanziati, per un valore di 370mila euro nel solo 2017, hanno interessato il mondo dei richiedenti asilo, dei senza fissa dimora, dei minori stranieri non accompagnati e del disagio psichico. “Il nostro obiettivo è trasformare scarti in valore e questo non riguarda solo i vestiti, ma anche le persone”, precisa il direttore che ha aggiunto: “Le persone che accogliamo nei servizi legati alla Caritas e a cui, grazie alle nostre cooperative, offriamo percorsi di reinserimento lavorativo sono spesso considerati scarti dalla società: ex detenuti, uomini e donne con trascorsi di dipendenze, senza fissa dimora. Persone ai margini a cui viene restituita la dignità attraverso il lavoro”. Attualmente sono 76 i lavoratori assunti dalle cooperative sociali della rete, la maggior parte dei quali appartiene a categorie svantaggiate. A questi si aggiungono altri 80 posti di lavoro creati in attività finanziate grazie ai proventi della raccolta degli indumenti e ulteriori venti assunti nel progetto “Share”, la catena di negozi che commercializzata l’usato di qualità a Milano (3 negozi), Lecco, Varese e Napoli. Benefici che interessano anche l’ambiente. “Le 120 mila tonnellate di vestiti raccolti in questi venti anni – ha concluso Guanci – hanno permesso un risparmio nei costi di smaltimento a carico della collettività di 2 milioni di euro, ma soprattutto hanno evitato il consumo di materie prime, energia e acqua, necessarie alla produzione di altrettanti vestiti”.

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