L’Ufficio per la trasparenza della Conferenza episcopale spagnola ha presentato ieri i dati raccolti sull’attività della Chiesa cattolica in Spagna nel campo educativo e i risultati dello “studio dell’impatto socioeconomico dell’attività educativa della Chiesa”. In Spagna ci sono 2.591 centri cattolici d’istruzione non universitaria in cui studiano quasi 1,5 milioni di studenti, il che significa che oltre il 18% dell’istruzione a livello non universitario è offerta da istituzioni collegate alla Chiesa cattolica. Gli insegnanti di queste scuole sono 102.476. Ci sono poi in Spagna sedici istituzioni universitarie, di varia natura, collegate alla Chiesa cattolica e un ateneo, che formano 87.425 studenti, cioè il 69% degli studenti che frequentano università private. Per misurare l’impatto socio-economico dell’attività educativa della Chiesa, l’istituto di consulenze PwC ha realizzato uno studio utilizzando la metodologia anglosassone Sroi (Ritorno sociale sugli investimenti), che calcola il ritorno alla società dell’investimento effettuato. A fronte dei 4.866 milioni di euro investiti scuole e cattoliche in Spagna nel 2016, e che la società riceverà un ritorno sull’investimento di 19.735 milioni di euro al valore attuale, cioè “per ogni euro investito in istruzione cattolica, la società riceve 4,1 euro”.
Nello specifico in ambito non universitario (scuola primaria, secondaria e scuola superiore), a fronte di un investimento (attraverso sussidi pubblici, tasse scolastiche e altre risorse fornite dagli studenti) di 4.298 milioni di euro, le scuole restituiscono alla società 14.252 milioni di euro. A livello universitario, l’investimento, che è stato di 568 milioni, avrà un ritorno (in contributi versati con la previdenza sociale, le imposte sul reddito e le retribuzioni nette) di 5.483 milioni di euro (con un rapporto di 1 euro investo e 9,6 euro di ricaduta).