#UniteToCure: mons. Trafny (Pcc), “contro sofferenza impegno globale e dialogo Chiesa-scienza”

La Chiesa è attenta e aperta agli sviluppi della ricerca scientifica e delle biotecnologie. Servono ponti, non muri. L’impegno contro la sofferenza deve essere globale ma è necessaria anche una riflessione etica. Lo sostiene in un’intervista al Sir mons. Tomasz Trafny, responsabile del Dipartimento Scienza e fede del Pontificio Consiglio della cultura (Pcc) che insieme a Cura Foundation, Stoq e Stem for Life Foundation ha promosso dal 26 al 28 aprile in Vaticano la IV Conferenza internazionale “Unite To Cure A Global Health Care Initiative” . Slogan e mission dell’incontro, che ha visto la partecipazione di scienziati e medici, pazienti, famiglie, studiosi di etica e di cultura, leader religiosi, filantropi, rappresentanti dei governi e del mondo imprenditoriale, “prevenire, riparare, curare e preparare per il futuro”. Durante l’udienza concessa ai partecipanti, il Papa ha sottolineato l’importanza di “una riflessione interdisciplinare” unita ad “azioni concrete a favore di chi soffre”; ha invitato a creare sinergie tra persone e istituzioni ed ha, al tempo stesso, ricordato la responsabilità etica della scienza e i limiti che essa deve rispettare per il bene dell’umanità. “Oggi – spiega Trafny – non basta avere un impatto locale bisogna pensare a livello globale perché la sofferenza è un fenomeno universale e in questo senso aiutare chi soffre è una chiamata umana universale”. Di fronte al persistere di pregiudizi sul rapporto tra Chiesa e scienza precisa che da anni la Chiesa sostiene il dialogo con la scienza: “Fa parte – chiosa – della nostra missione più intima”. La comunità scientifica, da parte sua, “è sempre più aperta a cercare elementi di intersezione tra scienze umane e scienze naturali” mentre “gli scienziati sono sempre più consapevoli che non basta il mero tecnicismo ma che bisogna andare oltre e porsi interrogativi etici, culturali e antropologici”.

 

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