#UniteToCure: mons. Trafny (Pcc), “accompagnare sviluppo biotecnologie apprezzando benefici ma anche valutando rischi”

“La Chiesa deve guardare con molta attenzione a ciò che sta accadendo nell’ambito delle biotecnologie”, afferma in un’intervista al Sir, con riferimento all’editing genetico, mons. Tomasz Trafny, responsabile del Dipartimento Scienza e fede del Pontificio Consiglio della cultura (Pcc) all’indomani della IV Conferenza internazionale “Unite To Cure A Global Health Care Initiative promossa in Vaticano (26 – 28 aprile) con Cura Foundation. Tra le tecnologie più discusse la tecnica Crispr (clustered regularly interspaced short palindromic repeats, ndr) impiegata per la correzione di uno o più geni in qualsiasi cellula. “L’editing genetico non è una novità, è conosciuto da molti anni ma in passato richiedeva enormi risorse finanziarie ed era un lavoro particolarmente complesso riservato solo a laboratori ad alta sofisticatezza – spiega Trafny -. Crispr invece, più facile da utilizzare e meno dispendioso, sarà in prospettiva accessibile in moltissimi centri di ricerca”. “Noi – afferma – guardiamo soprattutto ai benefici di una tecnologia che potrà trattare innumerevoli malattie legate a disordini genetici” ma poiché è “uno strumento potentissimo nell’intervenire sul genoma, e in particolare sul genoma umano”, dovrà essere “pensato” e “considerato” anche “come elemento di potenziale rischio”. Richiamando l’invito del card. Parolin a “costruire ponti e a proseguire il dialogo tra scienza, fede e cultura – prosegue il prelato -, vogliamo ‘accompagnare’ coloro che sviluppano queste tecnologie che certamente sollevano importanti questioni etiche e antropologiche” senza “ergere muri” ma certamente chiedendosi “fin dove possiamo spingerci senza il rischio di sbilanciare la nostra struttura biologica interna, senza il rischio di creare una nuova tipologia dell’essere umano, magari estremamente potenziato e geneticamente disegnato con determinate caratteristiche”.

 

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