Salute: mons. Cozzoli (teologo), “professione medica è missione d’amore e di vita che schiude orizzonti di speranza e di eternità”

foto SIR/Marco Calvarese

“La professione medica è una missione d’amore, missione di vita, che schiude orizzonti di speranza e di eternità”. Ne è convinto mons. Mauro Cozzoli, ordinario di teologia morale presso la Pontificia Università Lateranense ed assistente ecclesiastico Amci della diocesi di Roma. Intervenendo alla seconda giornata del XX convegno nazionale “Uno sguardo che cambia la realtà. La pastorale della salute tra visione e concretezza” in corso a Roma fino a domani per iniziativa dell’Ufficio nazionale per la pastorale della salute della Cei con Amci, Istituto auxologico italiano, Aris e Aipas, il teologo si sofferma su professione e valori degli operatori sanitari mettendone in luce alcune linee prospettiche per tracciarne identità e ruolo nella società e nella Chiesa; linee attinte alla Nuova carta degli operatori sanitari e centrate sulla profondità umana delle professioni sanitarie. Punto di partenza la visione integrale della persona, “che ne rileva e preserva la totalità indivisibile di corpo, psiche e spirito”. Di qui il richiamo ad “una prassi olistica della medicina, espressione di un approccio diagnostico e terapeutico attento alle componenti non solo fisiche ma anche affettive e spirituali. Il che chiama a una relazione interpersonale medico-malato”. Ed ecco “la seconda linea prospettica, in grado di aprire il curare (to cure) al farsi carico (to care) della persona”. A questa profondità personale della relazione medica – afferma Cozzoli – “il Vangelo dà la forma dell’amore”. E siamo alla terza linea: “la professione medica è una missione d’amore, missione di vita”. Un amore che “dà valore salvifico all’operare medico. Se non c’è solitudine non c’è domanda di eutanasia o di suicidio assistito”. La professione medica, conclude, “può dunque schiudere orizzonti di speranza e di eternità”.

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