Salute: Lener (giurista), “tra hard law e diritto mite, la libertà di autodeterminazione non è libertà illimitata”

foto SIR/Marco Calvarese

“La libertà in quanto tale non è per sua definizione illimitata”. Lo afferma Giorgio Lener, ordinario di diritto privato all’Università Roma Tor Vergata, intervenendo alla seconda giornata del convegno “Uno sguardo che cambia la realtà. La pastorale della salute tra visione e concretezza”. Dopo avere richiamato i casi Welby, Englaro, dj Fabo, il giurista cita le leggi 40/2005 sulla procreazione medicalmente assistita e la recentissima 219/2017 sul consenso informato, “prese a parametro perché rappresentano due diversi modelli di intervento legislativo”. La prima, spiega, “è caduta spesso sotto i colpi di scure della Corte costituzionale; la seconda è invece improntata al cosiddetto diritto mite, dolce”. La questione è il modello di riferimento prescelto ispirato o ad una disciplina rigida e proibitiva, o ad una “permissiva”, incentrata sul principio di autodeterminazione. “La prospettiva di un diritto più rigido, cosiddetta hard law, implica l’adozione di un modello che delinei un percorso vincolante nella scelte inerenti la nascita e il percorso evolutivo della vita. Rappresenta un porto sicuro, ma implica che si possa identificare un diritto eticamente configurato su valori oggettivi e universalmente riconosciuti”. “Purtroppo – osserva Lener – non sono questi i tempi. Nella società moderna caratterizzata da pluralismo etico e valoriale, al legislatore si chiede di creare dei presupposti per non avere un’unica via imposta”. Di qui il “diritto mite” che però non può non tenere conto dei limiti dati dai “valori di rango costituzionale o para costituzionale”. Diversamente “questa indistinta libertà si consegnerebbe a mancanza di valore”. “Libertà di autodeterminazione sì”, dunque, ma “non libertà illimitata. Il limite è rappresentato dalla tutela della dignità umana, pertanto la reificazione della persona va decisamente respinta”, ha concluso commentando le recenti sentenza italiane che riconoscono atti di nascita omogenitoriali “sdoganando”, di fatto, la pratica della maternità surrogata vietata dalla legge 40.

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