Messico: vescovi su invio guardia nazionale. “Il grido dei migranti è il nostro grido”

“Il grido dei migranti è il nostro grido! Il loro dolore è il nostro dolore. In ogni migrante che è calpestato nella sua dignità e nei suoi diritti, Gesù Cristo torna a essere crocifisso”. Tornano a pronunciare le parole di un anno fa i vescovi messicani nel messaggio “Per la dignità dei migranti”, firmato dall’intero Consiglio di presidenza della Conferenza episcopale messicana (Cem), a partire dal presidente, il cardinale José Francisco Robles Ortega, e da tutti i vescovi della frontiera Nord in seguito alla decisione del presidente statunitense Donald Trump di inviare la guardia nazionale alla frontiera con il Messico. I vescovi messicani riconoscono che “i governi messicani del passato e del presente hanno una grave responsabilità per non aver creato opportunità sufficienti per lo sviluppo del nostro popolo povero ed emarginato”. Una sfida, questa, per i futuri governanti, chiamati a “realizzare con onestà, senza corruzione e impunità un cambiamento storico che aiuti il popolo messicano a essere protagonista del suo sviluppo”. Tuttavia, “le carenze che abbiamo noi messicani non possono essere una giustificazione per promuovere l’antagonismo tra popoli che sono chiamati a essere amici e fratelli. Non è conforme alla dignità umana e alla lezione di uomini come Abraham Lincoln o Bartolomé de las Casas costruire barriere che ci dividano o implementino azioni che ci rechino violenza. I migranti non sono criminali, ma esseri umani vulnerabili che hanno un autentico diritto alla crescita personale e comunitaria”. Da qui “la difesa che la Chiesa fa a livello universale e in particolare attraverso il lavoro che viene svolto tra i popoli fratelli di Messico, Stati Uniti, Centroamerica, Caribe, Sudamerica e Canada nel prestare aiuto ai nostri fratelli migranti”. Il messaggio si conclude ricordando che la frontiera tra Messico e Stati Uniti “non è zona di guerra”, come hanno già dichiarato i vescovi statunitensi: “L’unico futuro possibile per la nostra regione è un futuro costruito su ponti di fiducia e sviluppo condiviso, non su muri di indegnità e violenza”. Servono perciò “altre soluzioni”, che possano seminare “fraternità e mutuo arricchimento a livello umanitario, culturale e sociale”.

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