Politica: p. Occhetta (La Civiltà Cattolica), “passare dal populismo al popolarismo”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“I populismi tendono a negare il pluralismo e le minoranze interne, venerano i leader, esaltano il nazionalismo, semplificano la complessità, agiscono attraverso forme di democrazia diretta come i referendum o le votazioni on-line, convincono toccando emozioni e credenze, disintermediano il rapporto tra il governante e il governato”. Lo scrive padre Francesco Occhetta, scrittore de “La Civiltà Cattolica, nel numero di maggio di “Vita Pastorale”, anticipato al Sir. Il gesuita osserva che “il voto è diventato fluido, è sempre meno prevedibile, non è più radicato in un’appartenenza, per esempio quella cattolica, si basa sul consenso e non più sulla partecipazione”. A fronte di ciò “più che preoccuparsi occorre occuparsi della vita politica, senza abdicare alle proprie responsabilità”. Il rischio è che “gli slogan e l’ideologia della Rete conformeranno una società di creduloni”. Padre Occhetta richiama le parole di don Sturzo del 26 agosto 1923 sul Popolo nuovo in cui sosteneva l’importanza della “mediazione come arte per costruire il bene comune”. Su quest’affermazione lo scrittore de “La Civiltà Cattolica” affonda la convinzione che “la tradizione del cattolicesimo può anche ai nostri giorni aiutare il populismo a diventare popolarismo”. E centrale, a suo avviso, è il ruolo delle parrocchie, che possono “aiutare a discernere sulla vita politica ripartendo da piccoli gruppi motivati e desiderosi di fare rete per approfondire problemi e selezionare uomini e donne”.

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