Alfie Evans: mons. Moraglia (Venezia), “bene l’iniziativa italiana”. No all'”abbandono terapeutico”

“La vicenda drammatica del piccolo Alfie non può lasciarci solo pensosi e tristi. Deve, piuttosto, portare a una riflessione pacata e che aiuti a maturare una posizione per cui i diritti dei deboli – innanzitutto di un bambino e poi dei due giovani genitori – non siano ‘diritti deboli’”. Lo afferma il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, sulla vicenda del piccolo Alfie, che “ha faticato a catturare l’attenzione di molti, ma, alla fine e contro tanti ostacoli, vi è riuscita. E questo bambino, anche grazie ai media, è diventato davvero ‘figlio nostro’ e ‘figlio del mondo’. La vicenda è molto triste perché chiama in causa la civiltà e la cultura, il diritto e la giustizia, le istanze etiche attorno a cui si fonda la vita di un intero Paese, di molti popoli, di una nazione e di un intero continente, l’Europa”. L’Italia, concedendo ad Alfie la cittadinanza “e offrendo la disponibilità ad accoglierlo e curarlo in alcune nostre strutture ospedaliere d’eccellenza (il Bambino Gesù di Roma e il Gaslini di Genova), ancora una volta – come per il salvataggio di migliaia di uomini in mare – ha saputo e soprattutto voluto cantare fuori dal coro, mostrando in tale vicenda un’attenzione, una sensibilità e, in una parola, un’umanità che, in fondo, da sempre appartiene all’Italia, alla sua storia e alla sua cultura e che viene continuamente attestata da varie e attuali situazioni contingenti e strutturali”.
“Certo, non sono mancate e non mancano in Italia ambiguità e incoerenze – alcuni recenti provvedimenti legislativi lo dimostrano – ma in questi casi (il piccolo Alfie e i salvataggi in mare) – e quindi sia nel rispetto della vita che, più in generale, nel prendersi cura delle persone – si è evidenziata un’incoraggiante ‘originalità’ propria della cultura e della civiltà italiana, anche rispetto ad altri filoni di pensiero anglosassoni ed europei”, prosegue Moraglia. “Un’originalità di cui dovremmo andare umilmente fieri, non dimenticando di trascurarla e praticarla per il futuro.
Con le parole che ha usato pochi giorni fa Papa Francesco, vorrei anch’io ribadire che ‘l’unico padrone della vita, dall’inizio alla fine naturale, è Dio’ e che, sempre, ‘il nostro dovere è fare di tutto per custodire la vita’”. “Anche chi non è credente può convenire sul fatto che nessun potere umano (politico) può arrogarsi il diritto di impedire che altri Stati ed istituzioni scientifiche riconosciute come eccellenze – nel campo della ricerca e della cura medica – si facciano carico del piccolo Alfie ed intervengano in luogo di chi non ha più nulla da dire o da dare. Senza accanimento terapeutico, senza cioè trattamenti sproporzionati, ma anche senza abbandono terapeutico, cioè senza mai venire meno al dovere-diritto di prendersi cura e di accompagnare la persona malata e i suoi familiari con alta professionalità, con grande umanità e con… amore, veramente disinteressato e non ideologico”.

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