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Distinguere nei processi culturali del nostro tempo “con chiarezza una cultura della vita che lotta con una cultura della morte”, come ci ha insegnato san Giovanni Paolo II. L’invito è giunto ieri, in apertura dell’assemblea plenaria della Conferenza episcopale argentina (Cea), durante l’omelia della celebrazione eucaristica del presidente, mons. Oscar Ojea, vescovo di San Isidro: “La preoccupazione per la vita non riguarda solo il suo inizio”. Il presidente della Cea, già nell’omelia, si è riferito al tema che i vescovi affrontano questa settimana, nella casa esercizi El Cenáculo (La Montonera) de Pilar, overo una riflessione sulla cultura della postmodernità in Argentina. “La nostra gente – ha detto mons. Ojea -, come quella folla che cerca Gesù, a volte si sintonizza profondamente con il suo messaggio; altre volte, respirando un’atmosfera culturale tipica di questa società consumistica iper-individualista, non la capisce o la capisce poco, o la fraintende”. Però, “dobbiamo guardare attentamente questi processi per comprenderli, al fine di dialogare in modo più chiaro, semplice e cordiale – come ha insegnato il beato Paolo VI nella ‘Ecclesiam Suam’ – con la cultura degli uomini e delle donne di oggi, dei giovani di oggi, dandoci così un po’ di tempo per questo apprendimento”. Quindi il vescovo di San Isidro si è riferito alla vita: “È il nostro dono fondamentale e siamo chiamati a proteggerlo sempre, nelle sue diverse manifestazioni. Non possiamo dare le nostre vite a noi stessi, ma invece siamo chiamati a prendercene cura. Per prendersi cura della nostra vita e quella degli altri”.