Vescovi Ecuador: dolore per uccisione giornalisti rapiti. L’appello, “più opportunità e sicurezza nella zona di frontiera”

“È un momento di dolore e profonda preoccupazione”. Così i vescovi dell’Ecuador, nella conferenza stampa che ha concluso la loro assemblea plenaria, si sono riferiti, praticamente “in diretta” alla tragica notizia data ieri dal presidente della Repubblica Lenín Moreno: è stata accertata la morte dei tre giornalisti di cui non si avevano notizie dallo scorso 26 marzo, cioè dal giorno del loro rapimento avvenuto nella regione di Esmeraldas, ai confini con la Colombia. Si tratta di Javier Ortega (32 anni, inviato di El Comercio), Paúl Rivas (45 anni, fotografo) e Efraín Segarras (60 anni, autista). La frontiera tra i due Paesi è uno dei punti strategici del traffico di cocaina e proprio su quanto sta accadendo in quella zona avevano puntato l’attenzione i giornalisti. Negli ultimi mesi si sono verificati numerosi attentati, in territorio ecuadoriano, attribuiti a gruppi dissidenti delle Farc, la guerriglia colombiana smobilitata lo scorso anno. Il 24 gennaio scorso un’autobomba aveva devastato una sede della Polizia a San Lorenzo. Nell’occasione ci furono trenta feriti e furono danneggiate circa 40 case. Il 21 marzo a Mataje, in seguito all’esplosione di un ordigno confezionato artigianalmente, erano rimasti uccisi tre soldati e sette erano rimasti feriti.

La Conferenza episcopale ecuadoriana (Cee), nella nota diffusa ieri attraverso la propria segreteria generale, si unisce “in una profonda e sentita preghiera” per i tre giornalisti rapiti e “vilmente assassinati” ed esprime “la propria vicinanza e solidarietà” ai familiari e a “tutti quei comunicatori che rischiano la vita per farci conoscere la verità dei fatti”.
I vescovi rivolgono poi un appello “ai governi dell’Ecuador e della Colombia, per creare o consolidare condizioni di vita più degne, fraterne e giuste, soprattutto nella zona di confine, sviluppando opportunità di lavoro e politiche di benessere sociale, e rafforzando al tempo stesso i sistemi di sicurezza”. Ai gruppi armati viene invece rivolto l’appello di “rinunciare all’uso della forza per superare le ingiustizie e di unirsi alle iniziative di dialogo e rispetto per costruire un’autentica democrazia, libera da qualsiasi forma di corruzione e violenza”. Ancora, il messaggio si rivolge a “tutti i gruppi e organizzazioni che si arricchiscono attraverso mezzi disumani e illeciti come le tangenti, il terrorismo, i sequestri, i ricatti e gli omicidi”, perché non si sottomettano “a interessi economici coinvolti nella tratta delle persone, nella produzione e nel traffico di armi e di sostanze stupefacenti”.
Come Chiesa, “ispirati ai principi etici e spirituali, vogliamo – scrivono ancora i vescovi – confermare il nostro fermo impegno a proseguire nell’attività per una società più giusta, pacifica e solidale, assieme a tutti i gruppi della società civile, politici e religiosi”.

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