Tratta: suor Bottani (Talitha Kum), “religiose in prima linea, non hanno interessi di parte”

“Uno dei maggiori problemi è quello di come coordinare il lavoro. È una delle sfide più difficili. Perché molti interessi sono in conflitto. Le suore, invece, non hanno alcun interesse di parte, ma un solo obiettivo: stare al fianco delle persone”. Lo ha detto, questa mattina, suor Gabriella Bottani, comboniana, coordinatrice di Talitha Kum, rete delle religiose contro la tratta, intervenendo al seminario organizzato dall’Unione internazionale delle superiore generali e dall’ambasciata degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Aprendo il suo intervento suor Bottani ha spiegato che “tante religiose sentono importante l’impegno nell’aiuto delle vittime di tratta per due elementi: il carisma e la prossimità alle persone. Alla luce di ciò capiamo dove intervenire”. “La prossimità che viviamo nella nostra vita, il mettersi in ascolto della chiamata di Dio hanno un ruolo importante – ha aggiunto -. Vivere nelle periferie, con persone vulnerabili e povere, ci aiuta a riconoscere dove la vita umana è a rischio e dove dobbiamo portare il nostro impegno”. All’origine del fenomeno della tratta, secondo suor Bottani, vi è “la disuguaglianza sociale”, che crea “nuove forme di schiavitù nel contesto della globalizzazione”. Ma “collaborazione e partnership sono alla base per dare nuova vita alle vittime”. Per raggiungere la guarigione, però, serve un passo in più: “Vanno presi in considerazione tutti gli elementi di umanità e spiritualità” e, soprattutto, è necessaria “la contestualizzazione nella società”. “La guarigione non è solo interiore ma si sperimenta anche nelle relazioni. Bisogna aiutare queste persone a riorganizzare la loro vita, a tornare a fare parte della società – ha concluso -. Molte di loro sono vittime di tratta per una seconda volta perché non si riesce a offrire loro queste possibilità”.

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