Papa Francesco: in prefazione libro “Potere e denaro”, “tantissimi uomini e donne sono già arruolati in un inerme ‘esercito del bene'”

“Tantissimi uomini e donne di ogni età e latitudine sono già arruolati in un inerme ‘esercito del bene’, che non ha altre armi se non la passione per la giustizia, il rispetto della legalità e l’intelligenza della comunione”. Lo scrive Papa Francesco nella prefazione al libro di Michele Zanzucchi “Potere e denaro. La giustizia sociale secondo Bergoglio” (edito da Cittànuova), in libreria da domani. “È troppo pensare di introdurre nel linguaggio dell’economia e della finanza, della cooperazione internazionale e del lavoro tale parola, comunione, declinandola come cura degli altri e della casa comune, solidarietà effettiva, collaborazione reale e cultura del dono? Il bene non è quietismo e non porta a essere remissivi. L’arte di amare, unico manuale d’uso dell’esercito del bene, comporta al contrario l’essere attivi, richiede la capacità di coinvolgersi per primi, di non stancarsi di cercare l’incontro, di accettare qualche sacrificio per sé e di avere tanta pazienza con tutti per stabilire una migliore reciprocità”. Il Papa parla della delle tre virtù teologali – la fede, la carità e la speranza – e della possibilità che gli esseri umani hanno di “riscoprirsi veri, buoni e belli”. “È possibile”, insiste Papa Francesco. “La via della verità, della carità e della bellezza è ardua, ma praticabile e necessaria, anche in economia e finanza”. “Perciò non dobbiamo perdere la speranza: stiamo vivendo un’epoca difficile, ma piena di opportunità nuove e inedite”, sottolinea il Papa. “Non possiamo smettere di credere che, con l’aiuto di Dio e insieme – lo ripeto, insieme – si può migliorare questo nostro mondo e rianimare la speranza, la virtù forse più preziosa oggi. Se siamo insieme, uniti nel suo nome, il Signore è in mezzo a noi secondo la sua promessa (cf. Mt 18, 20); quindi è con noi anche in mezzo al mondo, nelle fabbriche, nelle aziende e nelle banche come nelle case, nelle favelas e nei campi profughi. Possiamo, dobbiamo sperare”.

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