Pasqua: mons. Tisi (Trento), “Risurrezione è onestà personale, è spendersi per una comunità”

“Il luogo primo e fondamentale dove trovare il Risorto è la Storia. Per far ripartire la vita serve andare nella Galilea che è il quotidiano delle persone”. Lo ha affermato questa mattina l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, nell’omelia pronunciata nel corso della celebrazione eucaristica che ha presieduto in cattedrale nel giorno di Pasqua. “Potremo trovare il Risorto”, ha proseguito l’arcivescovo, “negli angoli dell’umanità e delle periferie dove uomini e donne si assumono la fatica di frequentare la vita con senso di responsabilità”. “Risurrezione – ha ammonito – è l’onestà personale che ci invita a essere irreprensibili e sobri. Risurrezione è il tesoro prezioso di relazioni sociali costruite sull’ospitalità, la non violenza, la generosità, la sincerità. Risurrezione è spendersi per una comunità”. Mons. Tisi ha anche osservato che “talvolta sembra che abbiamo più paura della vita che della morte” e ha evidenziato la difficoltà nel valutare “un’esistenza che, spesso, appare più come un sepolcro, piuttosto che l’habitat della vita”. “Da qui – ha proseguito – deriva anche quel vero mobbing sociale che giudica e incasella, emettendo su tutto e su tutti sentenze senza appello”. Secondo mons Tisi, “sulle ragioni del disagio esistenziale si sorvola, nessuno si interroga e si fatica a dare credito a chi propone spazi di rilancio e di fiducia”. “Fanno impressione i dati sulle varie dipendenze – ha rilevato – da cui nessuna età è esclusa. Ma ben poco ci si avventura nel cercarne le cause e individuare vie d’uscita”. L’arcivescovo ha poi sottolineato come “colpisce l’annotazione di Marco che invita le donne a non aver paura sia un giovane: ‘Videro un giovane ed ebbero paura’”. “Come ci ha ricordato il Papa – ha commentato – far tacere i giovani è una tentazione sempre presente. Il nuovo, l’innovativo, il cambio di passo mette paura e disorienta. Dal cuore dei giovani passa la Risurrezione”. Secondo mons. Tisi, “anche noi come Chiesa rischiamo di essere impersonati in quelle donne che portano olii aromatici per imbalsamare Gesù. Non lo percepiamo come il Vivente”, ha ammonito. “La nostra stessa azione pastorale rischia di tirare a campare, conservando l’esistente. Ma, così facendo, sembriamo più custodi di un museo che non frequentatori della vita, intrigati dalla luce, forza e vivacità del Risorto”. “La Risurrezione – ha concluso – è la messa a nostra disposizione della vita di Dio che noi possiamo toccare e incontrare nella persona di Gesù” perché “quando incontri qualche frammento di perdono, di gratuità, sappi che da quelle parti è passato il Risorto”.

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