Cure palliative: alleviano sofferenza malati per migliore qualità di vita possibile. Non sono né eutanasia né accanimento

Interventi terapeutici, diagnostici ed assistenziali rivolti alla persona malata e alla sua famiglia, finalizzati alla cura integrale dei pazienti la cui malattia, caratterizzata da un’inarrestabile evoluzione e da una prognosi infausta, non risponda più a trattamenti specifici. Il loro fine non è guarire, ma alleviare la sofferenza del malato, tenendo conto anche dei suoi bisogni psicologici, emotivi, sociali e spirituali per migliorarne il più possibile la qualità di vita. Sono le cure palliative, introdotte nel nostro Paese dalla legge n. 38 del 15 marzo 2010 “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, che tutela il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, e inserite nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) con il Decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) del 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza”. Si tratta di interventi rivolti a pazienti in fase avanzata – non solo terminale – di ogni malattia cronica ed evolutiva: anzitutto malattie oncologiche, ma anche patologie neurologiche, respiratorie, renali, cardiologiche. Il loro scopo non è ritardare – come nell’accanimento terapeutico – o accelerare/provocare – come nell’eutanasia e /o nel suicidio assistito – la morte del paziente, bensì alleviarne le sofferenze per garantirne la migliore qualità di vita fino alla sua fine naturale.

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