Quaresima: mons. Manicardi (Collegio Capranica), “può arrivare a digiunare solo chi non si sopravvaluta”

“Può arrivare a digiunare solo chi non si sopravvaluta”. Parola di mons. Ermenegildo Manicardi, rettore dell’Almo Collegio Capranica, che per questo tempo di Quaresima propone “un virtuoso digiuno dal virtuale, evitando anche di proporci eccessivamente e di invadere spazi personali di ‘amici’, spazi che potrebbero essere utili ad altri”. In rapporto alle tre pratiche quaresimali – spiega Manicardi in un’intervista al Sir – “il digiuno è l’aggiunta ultima di un’ulteriore perfezione. Esso libera e va ad arricchire sia l’elemosina sia la preghiera. Il digiuno, infatti, può servire a maggiorare ciò che è possibile dare in dono, togliendo l’elemosina dalle categorie dell’irrimediabilmente striminzito. Il digiuno, inoltre, serve ad aprire tempi temporali maggiori di preghiera e a favorire una preghiera più lucida e certamente più sensibile ai poveri e alle sofferenze che colpiscono la carne di Cristo, presente nell’umanità malconcia”. “Il digiuno ha sempre a che fare con la gioia”, sottolinea il rettore, ricordando che “durante il cammino terreno di Gesù, i suoi discepoli non digiunavano”, perché “lui, lo Sposo, era presente”. Dopo la morte e risurrezione di Gesù, invece, “il digiuno torna in auge proprio perché con esso noi esprimiamo la non compiutezza della nostra presenza in questo mondo e diamo voce all’attesa delle nozze nel mondo definitivo”. Il digiuno, inoltre, “ricorda un’esperienza di continenza, ossia la necessità di temperare e dominare gli appetiti eccessivi e distruttivi, che talvolta ci affliggono. Con il digiuno gridiamo che vogliamo essere migliori e che c’impegniamo seriamente a questo scopo”.

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