Terzo settore: Torino esempio per le imprese sociali. Ricerca della Camera di commercio fotografa il settore

Torino e il suo territorio sono d’esempio in tutta Italia per l’intensità delle realtà che fanno capo alle imprese sociali e del terzo settore. È il messaggio che è arrivato oggi dal capoluogo piemontese nell’ambito della presentazione di Torino Social Impact, un’alleanza tra istituzioni pubbliche e private per sperimentare una strategia di sviluppo dell’imprenditorialità ad elevato impatto sociale ed intensità tecnologica nell’area metropolitana. Da una ricerca svolta dalla Camera di commercio torinese è emerso che sul territorio esistono 400 cooperative sociali, 87 imprese sociali, una cinquantina di realtà ibride, solo in ambito imprenditoriale, senza contare più di 1.100 associazioni di volontariato e 244 associazioni di promozione sociale. Le sole cooperative, cresciute dal 2001 dell’88%, danno lavoro a 22mila addetti, con un valore della produzione pari a 830 milioni di euro. “È in atto – ha spiegato Mario Calderini, presidente del Comitato imprenditorialità sociale della Camera di commercio di Torino –, una trasformazione globale e profonda, nei modelli imprenditoriali, nel terzo settore come nel profit, e sui mercati finanziari. Il segno di questa trasformazione è la ricerca, intenzionale, di un impatto sociale misurabile da affiancare agli obiettivi di creazione di valore economico. La fotografia che presentiamo oggi dimostra che nell’area metropolitana di Torino esistono molti degli ingredienti necessari a intercettare questa trasformazione e trasformarla in una credibile ipotesi di sviluppo locale”. Vincenzo Ilotte, presidente della Camera di commercio, ha aggiunto: “È da oltre 15 anni che l’ente camerale ha scelto di occuparsi imprenditorialità sociale, ritenendola una risorsa importante per questo territorio, in grado di creare occupazione, sviluppo e inclusione”.
La quasi totalità delle realtà censite è rappresentata da forme imprenditoriali e non imprenditoriali cui si aggiungono realtà profit, che non appartengono al “Terzo settore” come comunemente definito, ma che presentano forme di responsabilità sociale d’impresa, da poter essere considerate a tutti gli effetti imprese ad impatto sociale. Esistono poi anche altre forme di imprenditorialità ibride, come le 38 Start-up innovative a vocazione sociale. “Si tratta – spiega una nota –, di un insieme composito, con strutture organizzative e settori di attività economica differenti, ma accomunate dall’obiettivo di generare intenzionalmente un impatto positivo a livello sociale e ambientale, intervenendo su problemi di particolare rilievo per la società e i cittadini”.
Ma la ricerca della Camera di commercio aggiunge: “Le potenzialità di ampliamento di questo bacino dell’imprenditorialità a impatto sociale sono però ancora enormi: il traghettamento del mondo ‘for profit’ verso modelli ‘ibridi’ giuridicamente definiti può orientarsi anche verso quelle imprese, circa 700 nel territorio torinese, che già dichiarano di svolgere o progettare azioni di Csr (Corporate social responsibility) aziendale”.

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