Don Tonino Bello: don Ciotti, “il suo ‘scandalo’ riconoscere Dio nei poveri e impegnarsi per giustizia e pace”

“Primo: riconoscere Dio nei poveri, negli esclusi, negli oppressi. Secondo: impegnarsi per la giustizia e la pace di questo mondo. È questo, a ben vedere, lo ‘scandalo’ di don Tonino Bello, quello scandalo che oggi, con Papa Francesco, scuote dal vertice l’intera struttura della Chiesa”. Lo scrive don Luigi Ciotti, nella prefazione di “Don Tonino sentiero di Dio. Con inediti dagli scritti e dal carteggio” (ed. San Paolo) di Giancarlo Piccinni, presidente della Fondazione don Tonino Bello. “Non possiamo dirci davvero cristiani se, insieme alla fede nel Regno, non c’impegniamo a contrastare le ingiustizie dell’al di qua – sostiene il fondatore di Libera, vicino al vescovo di Molfetta –. Non possiamo dirci davvero cristiani se non ci avventuriamo nell’agitato mare della Storia e, uscendo dai luoghi sacri, consacriamo quelli più deserti, periferici, abbandonati. Non possiamo dirci davvero cristiani se non stiamo dalla parte dei poveri denunciando chi li sfrutta, li umilia, li respinge”. Don Ciotti sottolinea una scelta dell’autore: legare la figura di Tonino Bello a quelle di David Turoldo e di Ernesto Balducci, “capaci come don Tonino Bello di saldare con forza il Cielo e la Terra”. “Tonino non solo li ha difesi, i poveri, ma li ha accolti, ha condiviso tanta parte delle loro esistenze, senza permettere che il ruolo, le incombenze, i ‘cerimoniali’ facessero da ostacolo”. Altro versante del suo impegno, segnalato da don Ciotti, la difesa della pace. “Ma non in modo retorico o esortativo. Presidente di Pax Christi, don Tonino respingeva quello che chiamava ‘monoteismo della pace’, affermava che la parola pace acquista senso e consistenza solo se associata alla parola giustizia. Che solo se fondata sul riconoscimento della dignità delle persone è una pace vera, altrimenti è una sembianza di pace, una traballante tregua, un accordo contingente mosso da interessi di altro genere – sottolinea il fondatore di Libera –. Fu proprio questa dignità minacciata il suo maggiore cruccio, e la motivazione che lo spinse a dare al suo ruolo una funzione anche ‘politica’, attirandosi critiche e attacchi da molte parti”.

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