Don Peppe Diana: mons. Picone (parroco e vicario generale Aversa), “la sua morte ha segnato uno spartiacque a Casal di Principe”

“La morte di don Peppe ha segnato come uno spartiacque in questo territorio: non immediatamente, è stato un seme che ha prodotto frutti durante gli anni. A livello civile, a distanza di 24 anni per la morte di don Peppe e per l’impegno di Chiesa, associazioni e magistratura, il fenomeno della camorra a Casal di Principe per buona parte è stato debellato”. Lo dice, in un’intervista al Sir mons. Franco Picone, successore di don Peppe Diana alla guida della parrocchia di San Nicola a Casal di Principe e vicario generale della diocesi di Aversa, in occasione del 24° anniversario della morte del sacerdote, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994, mentre si accingeva a celebrare la Messa nella parrocchia di San Nicola. Come frutti ecclesiali, “dopo un primo momento di smarrimento, c’è stato un ricompattarsi dei gruppi parrocchiali, come l’Azione cattolica e la Caritas. Ora abbiamo un pullulare di attività per bambini, ragazzi, giovani, opere di carità”. Il secondo momento per ricordare don Diana è stato la celebrazione della Messa, domenica 18 marzo, per l’accoglienza nel centro parrocchiale di una famiglia eritrea, giunta in Italia grazie ai corridoi umanitari attivati dalla Caritas in collaborazione con la Cei. “Noi in parrocchia – afferma il vicario generale – abbiamo un centro di accoglienza per immigrati, voluto proprio da don Peppe Diana. Nell’attenzione ai migranti è stato un precursore”.
In questi anni, prosegue mons. Picone, “ci è sembrato opportuno rinnovare la memoria di don Peppe anche attraverso atti semplici ma concreti”. Lunedì 19 marzo sono previsti un momento di festa e riflessione con i bambini in parrocchia e la Messa presieduta dal vescovo di Aversa, mons. Angelo Spinillo. “I giovani del territorio conoscono la figura di don Diana – racconta mons. Picone -: da una generazione all’altra si tramanda il suo ricordo, anche attraverso le iniziative delle scuole. Qui in parrocchia i ragazzi non trovano un museo, ma la narrazione viva di una storia che porteranno nel loro cuore”.

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