Giornata di preghiera e digiuno: mons. Khaled Akasheh, “pace minacciata anche da chi considera l’altro un pericolo solo perché diverso”

“Noi sappiamo che la pace è un dono di Dio ma è anche opera delle nostre mani. Quando si prega e si digiuna per la pace è riconoscere che la pace è un dono ma anche un impegno”. Mons. Khaled Akasheh, capo ufficio per l’Islam presso il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, commenta con queste parole il desiderio espresso dal papa all’Angelus domenica scorsa di indire per il 23 febbraio “una giornata di preghiera e digiuno per la pace, allargando l’orizzonte dei partecipanti anche ai fratelli e alle sorelle di altre confessioni cristiane e delle altre religioni”. Preghiera e digiuno – spiega monsignor Akasheh – “sono prassi presenti in tutte le religioni, certamente in modalità diverse, però sempre la preghiera è alzare la mente e il cuore all’Altissimo, l’Onnipotente mentre il digiuno prepara il nostro corpo a ricevere questo dono”. Il rappresentante del dicastero vaticano per il dialogo interreligioso, sta partecipando a Scutari al 5° Incontro dei delegati delle Conferenze episcopali in Europa per i rapporti con i musulmani. Tre giorni di confronto sulle prassi di dialogo avviate nei singoli Paesi, le sfide e le problematiche emergenti con l’obiettivo di superare stereotipi e paure per un futuro che nelle nostre città si presenta sempre più al plurale.

“In Europa – riflette mons. Akasheh – la pace è minacciata in realtà in modi diversi. E’ ovviamente minacciata dai fondamentalisti violenti che si appellano all’Islam. L’elenco degli attentati sarebbe troppo lungo da citare. Ma è minacciata anche da chi considera l’altro come una minaccia, solo perché diverso dal punto di vista etnico, religioso, culturale. Di fronte a quella che viene percepita come una minaccia, ci si pone allora in atteggiamenti di difesa se non addirittura di aggressione. Ma questo tradisce debolezze, superficialità e facili scorciatoie”. “Il discorso dell’odio – prosegue il rappresentate del dicastero vaticano –  non è purtroppo limitato ai fanatici musulmani. Il discorso dell’odio o dell’ambiguità o dell’incitamento alla violenza è purtroppo presente in modo più ampio nelle nostre società. L’odio genera sfiducia, la sfiducia genera esclusione fino a provare il desiderio di scartare l’altro o addirittura di eliminarlo”. Ma mai l’odio può essere giustificato per religione. “Il discorso religioso se rispetta la sua vera identità e missione non può incitare al disprezzo perché se adoriamo Dio e lo amiamo, amiamo e rispettiamo ogni fratello e sorella che incontriamo sulla nostra strada”. Papa Francesco è sempre stato molto chiaro su questo punto. Il suo è sempre un “grido”: “No alla violenza e mille no alla violenza commessa in nome della religione perché è una offesa grande a Dio, alla religione,  all’essere umano”.

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