Cristiani perseguitati: le testimonianze di Rebecca Bitrus e del marito e della figlia di Asia Bibi

“L’unico ricordo forte che ho di mia madre in libertà è quando è stata portata con una cintura al collo, come un cane, per le strade del paese, sanguinava. Solo perché crede in Gesù Cristo. È un dolore che non riesco a dimenticare. Lei ha detto che non voleva abbandonare la sua fede né la sua famiglia ed è stata trattata così”. Lo ha detto commuovendosi, questa sera, la figlia di Asia Bibi, Eisham, 18 anni, ricordando i momenti in cui la donna è stata portata in prigione durante l’iniziativa, a Roma, del #ColosseoRosso di Aiuto alla Chiesa che soffre. Allora la giovane aveva appena 9 anni. “Mi hanno preso e gettata contro un muro, hanno picchiato mia madre, le hanno strappato i vestiti e l’hanno portata dalla polizia, che le voleva dare da bere urina”. Nella parole di Eisham anche il ricordo dell’ultimo incontro, il 17 febbraio: “Le abbiamo detto che venivamo a Roma per incontrare il Papa e diversi amici che pregavano per lei. Mi ha chiesto di ringraziare tutti e di portare un bacio al Papa”. Il marito di Asia Bibi ha raccontato, invece, di “molti gruppi islamisti che hanno messo una taglia sulla sua testa e che hanno chiesto di ucciderla se dovesse essere liberata”. “Anche i giudici non si vogliono forse prendere la responsabilità di giudicare”. “Lei andava a raccogliere la frutta. Ed è stata accusata di blasfemia, ma l’unica colpa è quella di avere bevuto l’acqua dallo stesso bicchiere delle altre donne musulmane – ha spiegato il marito -. Se avesse commesso blasfemia nei confronti del profeta avrebbe cercato la fuga. Invece è andata a lavoro altri cinque giorni. È solo l’accusa di impurità verso un cristiano che ha contaminato l’acqua e il bicchiere di un musulmano”. A prendere la parola anche Rebecca Bitrus, 28enne nigeriana rapita per due anni e violentata dai terroristi di Boko Haram. “Mi hanno detto di rinunciare alla fede, ma ho detto di no – ha raccontato -. Hanno preso un’arma. Volevano uccidermi. Io pregavo col mio Rosario. Hanno gettato nel fiume e annegato mio figlio Jonathan. Mi è rimasto solo l’altro, Zaccaria. Poi, mi hanno torturato e violentato”. Infine, un ringraziamento ad Acs “per aver avuto l’opportunità di essere ascoltata. Grazie per questo vostro impegno, aiutateci a dare voce alle nostre storie”.

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