Cappellani militari: Dalla Torre (giurista), nella nuova Intesa ridefinito il concetto di assimilazione ai gradi. Di regola vestono l’abito ecclesiastico proprio

Il testo della nuova Intesa sull’assistenza religiosa ai militari in Italia “supera la immedesimazione strutturale e giuridica del cappellano nell’apparato militare, che nel Novecento costituiva un paradigma tipico nelle normative degli Stati in materia, pur assicurandogli un rapporto organico con quella realtà. In sostanza, il cappellano militare viene ad avere uno stato giuridico che, quanto ai gradi militari, ne comporta solo l’assimilazione”. È quanto osserva Giuseppe Dalla Torre, giurista, attualmente presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, presentando in un editoriale pubblicato sul numero di domani de “L’Osservatore Romano” (in distruzione da oggi pomeriggio), la nuova Intesa formalizzata lo scorso 11 febbraio (anniversario dei Patti Lateranensi) dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, e dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. “La nuova configurazione dello stato giuridico, basata sull’assimilazione e non sull’integrazione nella gerarchia militare – spiega Dalla Torre -, comporta una serie di conseguenze, tra cui: nell’apparato militare non ha poteri di comando o di direzione, né di amministrazione; non porta armi né, di regola, indossa la divisa militare, essendo tenuto a vestire l’abito ecclesiastico proprio; di norma è sottratto al Codice di disciplina militare e sottoposto a un Regolamento disciplinare proprio, prevedente obblighi peculiari e sanzioni specifiche, compatibili con la natura delle funzioni da lui svolte”. In sintesi, afferma il giurista, “questo regime consente al cappellano di muoversi liberamente all’interno di una struttura fortemente gerarchizzata, rendendo un servizio pienamente fruibile”.

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