Diocesi: Perugia-Città della Pieve, mons. Zuppi (Bologna) al ritiro mensile del clero. I sacerdoti non siano “burocrati né funzionari”

A tenere la meditazione della giornata del ritiro mensile del clero dell’arcidiocesi di Perugia-Città della Pieve è stato l’arcivescovo di Bologna, mons. Matteo Zuppi, invitato dal card. Gualtiero Bassetti nel capoluogo umbro il 21 febbraio. Ad accogliere il pastore della Chiesa bolognese nella sala “Mons. Cesare Pagani” del Centro Mater Gratiae di Montemorcino c’erano numerosi parroci, diaconi e seminaristi. Dopo i saluti introduttivi del card. Bassetti e del vescovo ausiliare, mons. Paolo Giulietti, l’ospite ha offerto una meditazione sul tema “Né burocrati né funzionari” legato al capitolo VI del Sussidio nazionale “Lievito di fraternità”, usato quest’anno dal clero come percorso della sua formazione permanente. “Si scivola facilmente nella parte di burocrati e funzionari quando passiamo più tempo nelle riunioni che nel pregare, legge e meditare la Parola di Dio e non si diventa tali se si prega il doppio di quanto predichiamo, altrimenti anche la predica diventa burocratica nell’annuncio della Parola di Dio, la cosa meno burocratica che c’è”, ha affermato mons. Zuppi.
L’arcivescovo di Bologna, soffermandosi sulla “fantasia” che il sacerdote deve avere per comunicare ed insegnare al popolo di Dio a mettere in pratica il Vangelo, la buona novella, ha sottolineato che “la burocrazia non sa essere fantasiosa; la burocrazia nutre se stessa e difende l’organizzazione. L’Amore è anche organizzare ma vuole rispondere alle domande, nasce dalla compassione di Gesù che manda i suoi discepoli perché abbiano loro stessi compassione delle tante sofferenze degli uomini. Da questo viene l’organizzare e non viceversa. La Chiesa, dice Papa Francesco, è un ospedale da campo e il burocrate, sempre parafrasando il Papa, andrebbe a chiedere la glicemia, ma un uomo innamorato di Dio cerca di salvare la vita e questa è la differenza fra un pastore e un burocrate”.
A proposito dell’impegno a favore dei clochard, ha osservato: “Per le persone senza fissa dimora possiamo e dobbiamo fare molto avendo tante possibilità, innanzitutto quella di essere una famiglia accogliente, aperta, perché tante di loro hanno perso veri legami affettivi e credo che devono poterli ritrovare in quella famiglia che il Signore ha composto in quanti sanno riconoscere il loro fratello più piccolo”.

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