Sudafrica: p. Morare (gesuita), per neri ed esclusi serve agenda radicale

(DIRE – SIR) – “Diritto al lavoro, all’istruzione e alla terra: un presidente popolare deve occuparsi di questo”. Padre Matsepane Morare, gesuita animatore del dibattito su politica e giustizia in Sudafrica, parla con l’agenzia Dire dopo le dimissioni del presidente Jacob Zuma e l’insediamento del suo ex vice Cyril Ramaphosa. Un lotta di potere tutta interna all’African National Congress (Anc), il partito di Nelson Mandela al governo dalla fine dell’apartheid nel 1994; ma forse anche una svolta, almeno nelle aspettative di alcuni militanti e di parte della cosiddetta “nazione arcobaleno”. “C’è un sospiro di sollievo collettivo per le dimissioni di Zuma – sottolinea padre Morare – ma anche la consapevolezza che c’è molto da fare per porre rimedio ai danni arrecati dall’ex presidente e per costruire il prima possibile una società più giusta”. Zuma ha lasciato dopo nove anni, inseguito ad accuse di corruzione e processi, battute controverse sull’Aids e un divario tra ricchi e poveri che, nonostante le promesse, non si è ridotto. Ramaphosa, ex sindacalista e militante della lotta contro il segregazionismo ma poi anche milionario e manager di multinazionali, ripartirà da qui. “Dovrà cominciare dalla lotta alla disoccupazione, per il diritto all’istruzione e alla terra” insiste padre Morare. Convinto che in gioco ci sia “la cosiddetta ‘trasformazione economica radical’, il programma per risollevare i poveri e i neri rimasti finora esclusi”. Un’esigenza rilanciata da una mozione dell’Anc in favore di espropri a beneficio dei contadini e soprattutto dalle proteste di piazza che si sono intensificate con #feesmustfall, il movimento studentesco per l’istruzione universitaria gratuita. Ma Ramaphosa si muoverà davvero in questa direzione? “Lo farà se vorrà mantenere il credito popolare di cui a oggi sembra godere”, risponde il gesuita. Consapevole che il passato dell’ex vice-presidente, alla guida dell’Anc dal dicembre scorso, ponga diversi punti interrogativi. “Nonostante provenga dalla lotta sindacale ha rapporti stretti con il mondo degli affari del Sudafrica”, sottolinea padre Morare: “È ricco e gode della fiducia degli imprenditori, come conferma il fatto che quando ha assunto la guida del partito gli indicatori finanziari sono schizzati in alto insieme con il rand, la moneta nazionale”. Le ragioni dell’economia e dell’impresa, allora, potrebbero non coincidere con quelle della giustizia sociale. In questi giorni in qualche articolo di stampa è stato ricordato che il 16 agosto 2012 Ramaphosa sedeva nel consiglio di amministrazione di Lonmin, la multinazionale titolare delle concessioni di Marikana. Quel giorno la polizia uccise 34 minatori che protestavano chiedendo salari meno bassi, diritti e dignità: fu il massacro più grave nella storia del Sudafrica post-apartheid. (www.dire.it)

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