Balcani: mons. Sudar (ausiliare Sarajevo), “siamo una società minata moralmente”

“Se le mine rappresentano fisicamente un problema, ciò che a mio avviso è davvero spaventoso è che di fatto è la società stessa a essere minata. È minata dall’avversione a correggere il male che la guerra ha fatto”. Così mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), nella sua testimonianza riportata nel dossier “Futuro minato” di Caritas italiana, pubblicato a dieci anni dal 17 febbraio 2008, data dell’autoproclamata indipendenza dello Stato kosovaro dalla Serbia, e dedicato alle operazioni di sminamento in Bosnia e in Kosovo. Oggi è presidente della commissione Giustizia e pace e promotore delle scuole interetniche. “Siamo moralmente minati, non tolleriamo la vita dell’altro – aggiunge –. Ci vorrà certamente più tempo per sminare, in modo figurato, la nostra società, che togliere fisicamente gli ordigni, mezzi fisici di separazione della gente, contrastando il contatto con l’altro”. L’impegno auspicato dal vescovo deve essere quindi quello di “sminare le anime, le mentalità delle persone”. “Durante la guerra abbiamo aperto delle scuole miste, per contrastare l’ideologia predominante che vedeva la separazione come unica via per la pace”. “La Bosnia ed Erzegovina è, però, oggi un Paese moribondo – aggiunge -. Ma è un Paese importante, non certo per le dimensioni, bensì per il paradigma che rappresenta: se falliamo nella riconciliazione qui e il Paese muore, vuol dire che l’Europa, il mondo intero, non ha capito che la convivenza è l’unica soluzione per avere la pace”.

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