Balcani: Caritas italiana, “in Kosovo e Bosnia programmi di sminamento non ancora completati”

“La presenza, o anche solo il sospetto della presenza, di questi ordigni impedisce il pieno godimento del diritto alla sicurezza, alla vita e alla salute delle popolazioni che convivono con situazioni di conflitto o che le hanno vissute e sono ora a dover affrontare l’eredità lasciata sui loro territori dalle guerre”. Lo scrive Caritas italiana nel dossier “Futuro minato”, pubblicato a dieci anni dal 17 febbraio 2008, data dell’autoproclamata indipendenza dello Stato kosovaro dalla Serbia, segnalando come “i programmi di sminamento in Kosovo e in Bosnia non sono ancora stati completati”. “La prova che la memoria fisica della guerra continui a tormentare i Balcani è data anche dalla persistente presenza di vaste porzioni di territorio ancora contaminate da ordigni – si legge nel dossier –. Ciò è vero soprattutto per la Bosnia, dove, nonostante le azioni di sminamento vedano coinvolte ben 26 organizzazioni, tra enti e strutture governative, organizzazioni internazionali e ong locali, l’obiettivo di completare la pulizia entro il 2019 sembra irrealistico”. Secondo Caritas, la lentezza delle operazioni “è dovuta principalmente all’inadeguata gestione da parte delle istituzioni, rappresentate, in questo settore, dal Bosnia and Herzegovina Mine action center, responsabile dell’implementazione del programma di sminamento. Il suo macchinoso funzionamento interno, con un rappresentante ministeriale part-time per ciascuna delle tre comunità, unito allo scarso monitoraggio del lavoro, alla mancanza di fondi e soprattutto a gravi episodi di corruzione e abuso d’ufficio, contribuiscono all’inefficienza del sistema”. Una bocciatura arriva anche per l’azione del Parlamento che “oltre a sottrarsi dall’assegnare fondi ulteriormente stenta ad approvare una nuova legge che regolamenti il settore”.

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