Venezuela: Marisol Dieguez (Ayuda humanitaria), “rischio pandemia malarica”. In quattro anni inviati nel Paese 250 tonnellate di aiuti sanitari

“Se non si interviene presto il rischio è che l’epidemia di malaria in corso in Venezuela possa dar vita ad una vera e propria pandemia capace di estendersi ai Paesi vicini”. A lanciare l’allarme al Sir è Marisol Dieguez, presidente della fondazione statunitense “Ayuda humanitaria para Venezuela” con sede a Miami. Marisol è in questi giorni in Italia per incontrare i rappresentanti dell’associazione Ali onlus (Associazione Latinoamericana in Italia) che coordinano la raccolta di farmaci nel nostro Paese. “Quello che è nato come un piccolo progetto – spiega Dieguez – è oggi una fondazione registrata presso il governo americano e presente, grazie ad associazioni partner, in otto Paesi del’Unione europea oltre che in Egitto, Messico, Portorico, Australia, Panama e Abu Dhabi. In questi quattro anni siamo riusciti a mandare nel Paese 250 tonnellate di medicinali sostenendo oltre novanta istituzioni per lo più del mondo cattolico tra cui Caritas Venezuela”. Oltre il 95% dei medicinali raccolti passano dal magazzino di Miami e da qui vengono spediti in Venezuela. “Nel Paese – continua Dieguez – il 95% della popolazione soffre per la carenza di medicinali e il 90% delle famiglie mangia una sola volta al giorno. Nel solo 2017 ci sono stati 1,5 milioni di casi di malaria e 24447 casi di difterite. Cancro e problemi cardiovascolari sono diventati la prima causa di morte perché non esistono terapie”. Una crisi che rischia di estendersi ai Paesi vicini. “Ogni giorno – conclude la presidente di Ayuda Humanitaria para Venezuela – circa 25 mila persone passano il confine con la Colombia per andare alla ricerca di cibo, medicine e generi di prima necessità da riportare in Venezuela. Lo stesso succede alla frontiera con il Brasile. Di fronte ad una crisi sanitaria c’è anche il rischio di propagarsi delle malattie. Per questo – a seguito di alcuni incontri con Caritas Internazionalis – stiamo pensando ad un programma per inviare aiuti anche alle diocesi di confine”.

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