Sanità: mons. Cozzoli (Lateranense), c’è strabismo che sposta lo sguardo da malato a malattia, recuperare relazione di cura empatica

“La medicina, in molti suoi attori protagonisti soffre di uno strabismo che distorce lo sguardo del medico, portandolo dal malato sulla malattia”. A mettere in guardia da questa “distorsione forte” è stato mons. Mauro Cozzoli, docente di teologia morale alla Pontificia Università Lateranense e assistente ecclesiastico dell’Amci Roma, che ha preso parte all’incontro “Curare con il cuore. Riflessioni sulla ri-umanizzazione delle cure”, organizzato oggi al Policlinico Universitario Agostino Gemelli per iniziativa di Massimo Massetti, direttore dell’Area cardiologica del nosocomio. “La malattia è qualcosa, la medicina è qualcuno”, ha scandito mons. Cozzoli ricordando che “la cultura del conforto è centrata sulla relazione di cura come relazione empatica”. “Dobbiamo recuperare la relazione empatica, nel senso etimologico del termine, che è quello di entrare nel sentire e nel soffrire dell’ammalato, senza restarne al di fuori”. Secondo il teologo infatti non “c’è contrapposizione tra umanità ed efficienza, ma interazione”. “Una prassi medica più umana è più efficace: l’umanità è un coefficiente moltiplicatore dell’efficienza”, ha osservato mons. Cozzoli evidenziando la necessità di dire sempre la verità al paziente perché “nascondere è rendere finzione il rapporto medico”. Ma, ha avvertito, “non si tratta di notificare, ma di dire la verità sulla lunghezza d’onda dell’empatia, in un percorso dia accompagnamento”.

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