Papa Francesco: ai gesuiti, andare “nelle trincee sociali”. “Non abbiate paura di piangere”

(Foto Vatican Media/SIR)

“Libertà e obbedienza”, per “porsi a tu per tu con le situazioni di oggi, prendersi cura del mondo che Dio ama”. Sono le due ultime virtù raccomandate dal Papa ai gesuiti del Collegio romano del Gesù, chiamati ad essere nei “crocevia delle ideologie, nelle trincee sociali”. “Negli snodi più intricati, nelle terre di confine, nei deserti dell’umanità: qui il gesuita è chiamato ad esserci”, ha spiegato Francesco: “Si può trovare come agnello in mezzo ai lupi, ma non deve combattere i lupi, deve solo rimanere agnello. Così il Pastore lo raggiungerà lì, dov’è il suo agnello”. “Accostare al ministero della Parola il ministero della consolazione”, il consiglio del Papa: “Lì toccate la carne che la Parola ha assunto: accarezzando le membra sofferenti di Cristo, aumenta la familiarità con la Parola incarnata. Le sofferenze che vedete non vi spaventino. Portatele davanti al Crocifisso. Si portano lì e nell’Eucaristia, dove si attinge l’amore paziente, che sa abbracciare i crocifissi di ogni tempo. Così matura pure la pazienza, e insieme la speranza, perché sono gemelle: crescono insieme”. “Non abbiate paura di piangere a contatto con situazioni dure: sono gocce che irrigano la vita, la rendono docile”, l’altro invito del Papa: “Le lacrime di compassione purificano il cuore e gli affetti”.
“Una comunità internazionale, chiamata a crescere e maturare insieme”: così il Papa ha fotografato il Collegio del Gesù. “Sia una palestra attiva nell’arte del vivere includendo l’altro”, la consegna finale: “Non si tratta solo di capirsi e volersi bene, magari a volte di sopportarsi, ma di portare i pesi gli uni degli altri. E non solo i pesi delle reciproche fragilità, ma delle diverse storie, culture, delle memorie dei popoli. Vi farà tanto bene condividere e scoprire le gioie e i problemi veri del mondo attraverso la presenza del fratello che vi sta accanto; abbracciare in lui non solo quello che interessa o affascina, ma le angosce e le speranze di una Chiesa e di un popolo: allargare i confini, spostando ogni volta l’orizzonte, sempre un po’ più in là”.

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