Colombia: alla Javeriana di Bogotá seminario su infanzia e pace, “restituire vita dignitosa a bambini e adolescenti senza criminalizzarli”

Si è concluso il 30 novembre alla Pontificia Università Javeriana di Bogotá il seminario nazionale dal titolo “Violenza, bioetica sociale, infanzia e pace”, iniziato giovedì 29 novembre, che ha messo insieme varie realtà culturali ed ecclesiali, come la stessa Javeriana dei gesuiti, la Congregazione dei religiosi terziari cappuccini e l’Università cattolica Luis Amigo di Bogotá.
Eduardo Rueda, direttore dell’Istituto di bioetica della Javeriana e coordinatore del gruppo di studio sulla filosofia politica della Conferenza di accademici latinoamericani Clacso, spiega al Sir l’idea base del convegno, nell’attuale contesto sociale della Colombia e nel 29° anniversario della convenzione dei diritti del bambino del 1989: “Esiste una connessione immediata che lega la pace alla giustizia. Anche con il silenzio delle armi dopo accordi di pace con Farc, la violenza continua con la violazione della dignità umana e dell’uguaglianza, nell’iniqua distribuzione dei beni che caratterizza la Colombia. Nella visione del presidente Duque, la responsabilità penale degli adolescenti va interpretata nel castigare il giovane che delinque e viola la legge. È una prospettiva retributiva, la colpa deve avere sempre un castigo. Invece, una visione di giustizia transizionale si fonda nella memoria delle vittime. Il ragazzo che infrange la legge non dev’essere immediatamente castigato, perché la rottura dell’ordine sociale ha violentato la società nel suo insieme e, per questo, la priorità è restituire una vita dignitosa a questi bambini e adolescenti vissuti nell’abbandono familiare e nell’esclusione”. Una terza concezione della giustizia minorile “si fonda sulla redistribuzione. Va garantita distribuzione equa dei beni”. Rueda ricorda poi un quarto elemento, introdotto al Convegno da Nancy Freiser: essere donna, essere bambino, essere indigeno, oggi in Colombia significa sperimentare la violenza diretta, un’esclusione strutturale che purtroppo diventa normale nell’immaginario collettivo. “È una visione sbagliata. Bisogna invece investire nella prevenzione del disagio e nell’accesso ai beni e diritti di base dell’infanzia e adolescenza. Servono trasformazioni nella politica pubblica per promuovere riconciliazione verso chi è stato discriminato”.

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