Diocesi: Alba, domani il card. Parolin consacra vescovo mons. Marco Mellino

Lo scorso 25 ottobre, Papa Francesco ha nominato mons. Marco Mellino, vicario generale della diocesi di Alba, segretario aggiunto del Consiglio dei cardinali (C9) e membro del Consiglio per i testi legislativi, elevandolo allo stesso tempo alla dignità episcopale. Domani, sabato 15 dicembre, il segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin, insieme al vescovo di Albano, mons. Marcello Semeraro, e al vescovo di Alba, mons. Marco Brunetti, consacrerà vescovo mons. Mellino. Il rito si celebrerà nella cattedrale di Alba alle 15.30 ed è prevista la partecipazione di una trentina di vescovi, di altrettanti sacerdoti e della comunità diocesana, che porterà in dono al neovescovo il pastorale. La processione partirà dal seminario (il ritrovo è per le 15) alla cattedrale. Per il proprio motto episcopale mons. Mellino ha scelto le parole tratte dalla Lettera di san Paolo ai Filippesi (1,21) “Mihi vivere Christus”, laddove l’apostolo, nell’esortare i fedeli a condurre una vita cristiana sull’esempio e sugli insegnamenti di Gesù Cristo, afferma che per lui la prioritaria ragione della sua esistenza consiste nell’identificarsi totalmente con il Maestro. Un intento pienamente condiviso dal vescovo Marco, che lo fa proprio. “Dobbiamo uscire dalle nostre strutture mentali e andare a cercare, a contattare le persone – ricorda mons. Mellino in un’intervista alla Gazzetta d’Alba –. Il Papa sta lavorando molto sul concetto del “ritornare ad essere pastori di popolo”. Altrimenti si rischia di creare una distanza tra ciò che annunciamo e la vita quotidiana della gente”. “Dal punto di vista sociale – aggiunge – pensiamo alla mancata accoglienza dei migranti, oggi rischiamo di non rimanere umani, di perdere una logica del cuore non solo evangelica o religiosa, ma relazionale. Se non salviamo l’uomo rischiamo di non salvare questa terra. Vado a Roma con questa “voce” interiore ben salda, con l’intento di rimanere a contatto con la gente e i suoi problemi reali. I titoli e i riconoscimenti non devono servire a elevare o sentirsi superiori, ma sollecitare a mantenere un contatto intimo con la vita di tutti i giorni”.

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