Legge 194: Ronco (Centro studi Livatino), “trascura tutela costituzionale concepito”. “Gravissime lacune” in materia di prevenzione

“Al progresso della ricerca scientifica, che ha consentito di rilevare con sempre maggiore chiarezza che il medesimo essere umano è presente al mondo tanto prima quanto dopo la nascita, non corrisponde nella grandissima parte delle legislazioni contemporanee un’adeguata protezione della vita ancora non nata”. A farlo notare è Mauro Ronco, docente emerito di diritto penale e presidente del Centro studi Livatino, nella sua relazione all’annuale convegno nazionale del Centro studi sul tema “La tutela della vita nell’ordinamento giuridico italiano. Sfide, problemi e prospettive posti dai ‘nuovi diritti”, in corso a Roma, nell’Aula magna della Corte suprema di Cassazione. A 40 anni dall’approvazione della legge 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza, Ronco traccia un breve profilo storico e analizza la sentenza 18 febbraio 1975 della Corte costituzionale italiana che “disegna semplicemente una causa di non punibilità del fatto imperniata sulla tutela della salute e della vita della donna”. La Consulta, precisa il giurista, “riconosce però che la tutela del concepito ha un fondamento costituzionale, poiché egli è un soggetto titolare di diritti propri. La legge n. 194/78, tradendo radicalmente l’indicazione costituzionale” ha invece “trascurato pressoché completamente la tutela della maternità e del concepito”. Una legge con “gravissime lacune” anche per quanto riguarda la “doverosa prevenzione dell’aborto sul piano tanto sociale quanto giuridico”. Per questo, Ronco indica alcune “urgenti e indispensabili riforme”, come primo passo per “il cambiamento dello stesso approccio legislativo al problema, vòlte a rendere effettivo il sostegno alle donne afflitte per le difficoltà connesse alla gravidanza nonché a prevenirne l’interruzione”.

 

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