Usa: Banis (assistenza abusi Los Angeles) ai vescovi, “mettere al primo posto le vittime in qualsiasi riforma è fondamentale”

(da Baltimora) Ha guadagnato l’applauso più lungo e più convinto dall’assemblea dei vescovi americani, Heather Banis, coordinatrice del programma di assistenza alle vittime di abuso nella diocesi di Los Angeles, che ieri pomeriggio ha condiviso con la platea le best practices imparate durante anni di ascolto e accoglienza di bambini, ora adulti, sopravvissuti agli abusi: “Sono stati traditi e meritano di vivere nella luce e uscire dall’ombra. Tutti loro meritano una risposta e la guarigione non avviene solo attraverso la terapia o un rimborso monetario, a loro serve il vostro ascolto e il sentirsi creduti”. Banis spiega il compito dei vescovi in una fase così delicata della vita della Chiesa statunitense: “Il programma di prevenzione varato con la Carta di Dallas sta funzionando molto bene, ma dobbiamo restare vigilanti ed essere all’erta. Ci sono ancora troppi casi che devono venire alla luce ed essere risanati. Non possiamo aspettare 48 anni come per Joe (una delle vittime ascoltate in questi giorni, ndr), per restituirgli una speranza”.

Banis sintetizza in quattro punti il percorso di guarigione che i vescovi possono attuare nei confronti di chi è sopravvissuto ad un abuso, con la convinzione che “mettere al primo posto le vittime in qualsiasi riforma è fondamentale”. Per l’esperta, bisogna anzitutto cominciare dal “credere e chiedere perdono”: poiché tante di queste persone non sono state credute e l’abuso è stato negato o coperto, serve al contrario dimostrargli fiducia e offrirgli consiglio, accompagnamento e se lo ritengono opportuno incoraggiarli nella denuncia proprio per essere trasparenti. Altro passo è “far silenzio e ascoltare”. Banis suggerisce ai vescovi di segnare in agenda un tempo fisso di ascolto delle vittime, un tempo senza difese, dove si incontri comprensione, preghiera. E dopo rendere pubblici i nomi di chi è sottoposto ad “una credibile indagine”; parlare nelle omelie delle lezioni apprese da questi incontri e di cosa si sta facendo; pregare sempre per le vittime. La terza tappa suggerita è quella dell’accompagnamento dove sono previsti spazi per pregare ma anche per esporre lamentele, sofferenze, traumi, e soprattutto far sentire sempre l’appartenenza alla Chiesa. Infine, si chiede un cambio culturale dove sia obbligatorio ad esempio rimuovere i sacerdoti o i diaconi che non attuano politiche di protezione e di guarigione sufficientemente forti. Si chiedono programmi di formazione per i seminaristi e verifiche forti prima dell’ammissione al sacerdozio, si suggerisce di invitare esperti laici agli incontri del clero e una formazione continua per tutti quelli coinvolti in ambito formativo.

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