Sinodo 2018: card. da Rocha, “si rivolge a tutti i giovani, nessuno escluso”

“Aiutarci a comprendere la condizione dei giovani che vivono nel loro territorio, nel loro contesto, nel loro paese”. È la richiesta del card. Sergio da Rocha, relatore generale del Sinodo sui giovani, durante la sua relazione introduttiva alla prima Congregazione generale. “La comunione nella Chiesa non si fa per omologazione, ma attraverso la condivisione delle nostre differenze in vista di una comunione capace di ascolto, rispetto e integrazione”, ha proseguito il relatore a proposito delle quattro parole-chiave principali dell’Instrumentum laboris, testo-base per l’assise dei vescovi in corso fino al 28 ottobre: “Discernimento, giovani, fede e vocazione”. Il “discernimento vocazionale”, per da Rocha, è il focus del Sinodo, e richiede la consapevolezza che “una delle grandi fragilità della nostra pastorale oggi risiede nel pensare la vocazione secondo una visione riduttiva e ristretta, che riguarderebbe solo le vocazioni al ministero ordinato e alla vita consacrata”. Di qui la necessità di mettere le basi per una “pastorale giovanile vocazionale” di ampio respiro capace di essere significativa per tutti i giovani, difficile da incarnare “in un mondo in cui domina l’ideologia del self-made man”. “Il Sinodo si rivolge a tutti i giovani, nessuno escluso”, ha ricordato il relatore, “perché senza vocazione non c’è umanità degna di questo nome, e quindi una visione vocazionale ‘ristretta’ o ‘reclutativa’ riservata al ministero ordinato o alla vita consacrata destina la maggioranza dei giovani alla mancanza di senso e alla ricerca di un’unità impossibile nella loro vita”.

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