Sinodo 2018: card. da Rocha, “è esercizio di discernimento ecclesiale”

“Il discernimento è uno ‘stile’ preciso di essere Chiesa e di procedere nella storia”, ed “è possibile interpretare l’intero percorso sinodale come un esercizio di discernimento ecclesiale”. Lo ha detto il card. Sergio da Rocha, relatore generale del Sinodo dei vescovi, nella sua relazione introduttiva, presentata durante la prima Congregazione generale, che si è aperta questo pomeriggio con il discorso del Papa. “Attraverso la condivisione e il confronto in questo mese siamo al servizio di tutta la Chiesa”, ha ricordato da Rocha: “Il frutto del nostro lavoro sarà presentato al Papa per il suo discernimento, le sue valutazioni e le sue decisioni pastorali. Poi tutta la Chiesa, in docile ascolto della voce dello Spirito, identificherà i passi attraverso cui dare attuazione concreta alle indicazioni del Santo Padre, tenendo conto delle specificità di ciascun territorio”. Proprio perché non esiste una “ricetta pronta” o una “soluzione preconfezionata” alle tante questioni che l’ascolto sinodale ha sollevato è opportuno che tutti ci mettiamo in “stato di discernimento”, l’invito del relatore, secondo il quale “entrare con umiltà in questo modo di procedere è la prima risposta pastorale di una Chiesa che desidera essere credibile per le giovani generazioni”. “Non possiamo pensare che la nostra offerta di accompagnamento al discernimento vocazionale risulti credibile per i giovani a cui è diretta se non mostreremo di saper praticare il discernimento nella vita ordinaria della Chiesa, facendone uno stile comunitario prima che uno strumento operativo”, il monito: “Abbiamo bisogno di una Chiesa che si metta in discernimento e mi auguro che il Sinodo sia davvero vissuto da tutti voi come un momento di autentico discernimento nello Spirito: le premesse ci sono tutte perché le cose possano davvero andare così!”. “Sappiamo che il tema del discernimento è un tratto caratteristico dell’attuale pontificato”, ha fatto notare da Rocha: “Ciò significa stare e mantenersi in autentico ascolto, come una sentinella che non si lascia sfuggire nessun segnale dei cambiamenti in atto; saper valutare alla luce della fede ciò che avviene nel nostro cuore, nella vita del mondo e della Chiesa; sostare nelle ferite della storia con misericordia e bontà, mantenendo sempre le porte spalancate al Dio della tenerezza che agisce continuamente tra noi e si fa vivo attraverso la presenza e la parola dei piccoli e dei poveri”. Per entrare nel ritmo del discernimento è necessario, quindi, “farsi attenti alle persone concrete, riconoscendo che in ogni persona vi è la presenza di Dio che va scoperta, accolta, accompagnata e resa feconda. Per questo ognuno ha diritto di parola e ciascuno va ascoltato con attenzione, perché Dio ci parla attraverso chi vuole, dove vuole e quando vuole”. “Riconoscere”, “interpretare”, scegliere” – ha ricordato il relatore – sono i tre verbi che scandiscono le tre tappe del cammino sinodale, una per settimana, dedicata alle tre parti dell’Instrumentum laboris, in cui si alterneranno il lavoro nelle Congregazioni generali e quello nei Circoli Minori. Un cammino, questo, in sintonia con la “Chiesa in uscita” auspicata da Papa Francesco, “che ci libera dalla preoccupazione di occupare il centro della scena” e richiede “un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma” e anche “un onesto ascolto dei giovani che partecipano a pieno titolo del sensus fidei fidelium”.

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