Mafia: don Patriciello (parroco di Caivano), “spezzare catene e togliere manovalanza”

“Arriviamo dove si stanno preparando i futuri protagonisti delle mafie e della camorra, bisogna togliere la manovalanza”. È l’appello lanciato da don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano, allo Stato “che deve essere presente” e alla società civile. “La mafia è un albero maledetto che affonda radici maledette in un terreno maledetto. Non la sconfiggeremo mai se non bonifichiamo questo terreno”, ha scandito il sacerdote intervenendo all’incontro di presentazione della Lettera dei vescovi di Sicilia a 25 anni dall’appello di Giovanni Paolo II, che si è tenuto nella chiesa Santa Maria Odigitria, per iniziativa dei Centri Studi “A. Cammarata” e “Mons. A. M. Travia” e dell’Arciconfraternita Santa Maria Odigitria.
La mafia, ha osservato don Patriciello, “è un problema dell’Italia, non solo della Sicilia”. Ciò che è urgente è “togliere manovalanza alle mafie”. “Quando decine e decine di persone e di giovani non trovano udienza da parte dello Stato, diventano manovalanza e non li fermate più: quando un giovane si trova a guadagnare anche 4mila euro al mese non lo fermate più”, ha denunciato don Patriciello per il quale occorre “rompere la catena con le istituzioni, con i politici eletti con i voti della mafia perché è alla mafia che rendono conto”. Ognuno, ha aggiunto, è chiamato “a fare la propria parte”. “Il grido di Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi 25 anni fa – ha concluso – è rivolto a noi perché anche nelle piccole cose siamo chiamati a non cedere”.

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