“Uomo e donna hanno pari dignità; offrono contributi diversi ma entrambi necessari nella stessa misura, in una preziosa complementarietà. Per realizzare questo nuovo modello culturale occorre educarci ad essere uomini e donne in un rapporto ‘sessuato’, capaci di quell’alleanza tra maschile e femminile auspicata da Papa Francesco per prendere in mano la regia della società e del mondo”. A sostenerlo è Marta Rodriguez, direttrice dell’Ufficio Donna del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, intervenuta al convegno “ll ruolo della donna nella società”, in corso presso la Pontificia Università Lateranense per iniziativa dell’Istituto pastorale Redemptor Hominis in collaborazione con la Fondazione “Etica ed economia”. Affrontando il tema “Donne e lavoro: verso un cambiamento di paradigma”, Rodriguez presenta i tre “grandi modelli”. Quello “che concepisce il lavoro femminile come ausiliare e sussidiario (segretariale o di tipo pratico), quello che lo concepisce solo come lavoro di cura, quello in base al quale il lavoro delle donne deve essere pari a quello maschile”. “C’è sicuramente una predisposizione femminile al lavoro di cura che nasce dalla nostra vocazione alla maternità, biologica o meno, ma occorre sottolineare – la precisazione della relatrice – che la donna non esprime questa sua maternità solo nel prendersi cura. In ogni ambito della vita sociale, politica e culturale essa riporta l’attenzione all’umano”. E avverte: “Il pieno riconoscimento dei diritti della donna non significa uguaglianza che sarebbe una scorciatoia intellettuale. Occorre invece tenere conto delle specificità maschili e femminili”. Di qui la necessità di ripensare la logica del lavoro “ancora modellata sui tempi e sui ritmi dell’uomo”. Laddove è stato fatto, “non sono mancati benefici in termini di diminuzione di incidenti e assenteismo, e di aumento di motivazioni e produttività, nonché miglioramento del clima negli ambienti lavorativi”.