Terremoto: mons. Boccardo (Spoleto-Norcia), “la gente vuole vedere muri che tornano su, non pietre che vengono portate via”

foto SIR/Marco Calvarese

“Quello che la gente vuole vedere sono muri che tornano su, non delle pietre che vengono portate via”. Lo ha detto al Sir, mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, a margine dell’incontro “Quando la terra trema”, organizzato a Bolzano dalla Caritas diocesana, nel corso del quale sono stati presentati i progetti realizzati in Valnerina e a Norcia grazie alle offerte raccolte dalla Caritas in Alto Adige all’indomani del terremoto. A due anni dal sisma del 26 e 30 ottobre 2016, la ricostruzione fatica a ripartire. “Siamo ancora nella fase della rimozione delle macerie. La ricostruzione così come si intende abitualmente – spiega mons. Boccardo – cioè il vedere i muri rimessi in piedi non c’è. E questo sia a livello di monumenti, sia a livello di abitazioni private, salvo qualche eccezione dovuta, ad esempio, a quelle case che non hanno subito gravi danni e che sono state sistemate grazie all’iniziativa privata del singolo”. L’arcivescovo di Spoleto-Norcia non nasconde l’amarezza che c’è nella comunità a fronte dei ritardi e della burocrazia che frena il percorso di ricostruzione. “La gente guarda avanti con fiducia e speranza, ma si sente il peso e la fatica dei ritardi, della burocrazia, delle promesse non mantenute, delle grandi dichiarazioni fatte durante diverse visite”. Disorientamento, determinazione e speranza: con queste tre parole mons. Boccardo riassume questi ultimi due anni. “Disorientamento perché il terremoto crea una situazione nuova nella quale si perdono i punti di riferimento, si fa esperienza dell’impotenza e di non sapere come difendersi, come reagire e come affrontare le conseguenze nell’immediato – spiega -. Determinazione: la gente della Valnerina, non solo perché purtroppo è abituata ai terremoti, che periodicamente ritornano, ma è gente fortemente attaccata al territorio e ha un grande senso del luogo e quindi è collegata alla sua terra. È gente capace di rimboccarsi le maniche e di non piangersi addosso e di ricominciare subito, sapendo resistere anche alla tentazione di andare altrove perché la vita è più facile. La reazione al disorientamento e la determinazione generano poi la speranza, cioè la capacità di guardare avanti. Speranza che è però mescolata anche certamente alla fatica e anche un po’ alla frustrazione, perché sappiamo bene che ancora la vera ricostruzione non è partita”.

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