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“Quello che la gente vuole vedere sono muri che tornano su, non delle pietre che vengono portate via”. Lo ha detto al Sir, mons. Renato Boccardo, arcivescovo di Spoleto-Norcia, a margine dell’incontro “Quando la terra trema”, organizzato a Bolzano dalla Caritas diocesana, nel corso del quale sono stati presentati i progetti realizzati in Valnerina e a Norcia grazie alle offerte raccolte dalla Caritas in Alto Adige all’indomani del terremoto. A due anni dal sisma del 26 e 30 ottobre 2016, la ricostruzione fatica a ripartire. “Siamo ancora nella fase della rimozione delle macerie. La ricostruzione così come si intende abitualmente – spiega mons. Boccardo – cioè il vedere i muri rimessi in piedi non c’è. E questo sia a livello di monumenti, sia a livello di abitazioni private, salvo qualche eccezione dovuta, ad esempio, a quelle case che non hanno subito gravi danni e che sono state sistemate grazie all’iniziativa privata del singolo”. L’arcivescovo di Spoleto-Norcia non nasconde l’amarezza che c’è nella comunità a fronte dei ritardi e della burocrazia che frena il percorso di ricostruzione. “La gente guarda avanti con fiducia e speranza, ma si sente il peso e la fatica dei ritardi, della burocrazia, delle promesse non mantenute, delle grandi dichiarazioni fatte durante diverse visite”. Disorientamento, determinazione e speranza: con queste tre parole mons. Boccardo riassume questi ultimi due anni. “Disorientamento perché il terremoto crea una situazione nuova nella quale si perdono i punti di riferimento, si fa esperienza dell’impotenza e di non sapere come difendersi, come reagire e come affrontare le conseguenze nell’immediato – spiega -. Determinazione: la gente della Valnerina, non solo perché purtroppo è abituata ai terremoti, che periodicamente ritornano, ma è gente fortemente attaccata al territorio e ha un grande senso del luogo e quindi è collegata alla sua terra. È gente capace di rimboccarsi le maniche e di non piangersi addosso e di ricominciare subito, sapendo resistere anche alla tentazione di andare altrove perché la vita è più facile. La reazione al disorientamento e la determinazione generano poi la speranza, cioè la capacità di guardare avanti. Speranza che è però mescolata anche certamente alla fatica e anche un po’ alla frustrazione, perché sappiamo bene che ancora la vera ricostruzione non è partita”.